Valerio Fioravanti
Quando si dice l’ipocrisia. Guardando i telegiornali della sera, la notizia veniva relegata nelle scritte che passano sotto: “Boss della mafia muore mentre la polizia cerca di arrestarlo”. Suona strana la notizia: gli è preso un infarto, è caduto da una finestra mentre cercava di calarsi per fuggire? Ma ricordando con quanta ipocrisia poche settimane fa gli stessi telegiornali avevano raccontato l’uccisione del giovane Gabriele Sandri fermo in auto, c’eravamo ripromessi di andare a controllare meglio il giorno dopo sui giornali. E infatti il boss non è morto, è stato ucciso. Due colpi alla testa mentre scavalcava il davanzale ancora con il pigiama addosso, disarmato. Non ci interessa l’operato delle forze dell’ordine, probabilmente il tizio era pericolosissimo, e chi è andato ad arrestarlo non aveva voglia di correre troppi rischi per un magro stipendio. Può essere successo questo, comprensibile. Ma perché dei giornalisti, che non rischiano niente e che hanno uno stipendio molto più alto, devono essere così ipocriti da sostenere che un mafioso si è ammazzato da solo, o è morto di morte naturale? Non si rendono conto che con questi ridicoli giri di parole perdono di credibilità, e non ci si può più meravigliare se la gente non crede più a niente, o peggio, crede a tutto?

Bamboccioni non si nasce
Titolo de ‘La Stampa’: “Il crollo della scuola italiana. Secondo una indagine dell’Ocse i nostri studenti sono tra i peggiori d’Europa”. Gli altri giornali, seppur meno categorici, non si discostano molto: sono gli studenti la pietra dello scandalo. Mica i professori. O i politici. O i genitori, che ormai a seguire i figli non ci pensano nemmeno per sbaglio. È un po’ come la storia dei “bamboccioni” di Padoa Schioppa: certo che sono bamboccioni molti giovani d’oggi, ma bamboccioni si nasce o si diventa? Il bamboccione lo crea una misteriosa mutazione del Dna, o non si crea piano piano quando tutti gli adulti attorno al bambino prima, all’adolescente poi, e al giovane dopo gliele danno tutte vinte? I nostri studenti non sono bravi. È vero. Ma non è colpa loro se ormai i genitori considerano la scuola più che altro un parcheggio, una specie di grande baby-sitter che non si paga, il cui compito primario è tenere i genitori liberi dal fastidio di curarsi dei bambini. Teniamoci gli studenti poco preparati, ma non facciamo finta che sia solo colpa loro: ad essere molto impreparati siamo tutti noi.



(articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' del 5 dicembre 2007)
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