Dal 16 al 18 marzo si terrà il congresso nazionale dell'Udc. Lo ha deciso il Consiglio nazionale del partito riunitosi a Roma, definendo e approvando all'unanimità le regole congressuali. Mozioni politiche che saranno accompagnate da una lista e da un candidato alla segreteria: questo il fulcro intorno al quale “ruoteranno” i lavori, come ha sottolineato Lorenzo Cesa. E intanto, a Berlusconi, che così interroga Casini: “Udc ma dove vai fuori dalla Cdl!?”, il leader centrista, a distanza, risponde senza mezzi termini: “dove sta andando l'Udc è evidente. L'unico punto dove non sta andando è dove vorrebbero farci andare alcuni nostri alleati. Siamo legati a un patto di fedeltà con i nostri elettori che ci porta ad alzare la bandiera dell'opposizione in Parlamento; un'opposizione che ha le nostre caratteristiche e non è un'opposizione di comodo. Stiamo andando verso il cambiamento. In tutto il mondo chi perde cambia. In Italia si ripropongono schemi vecchi di 15 anni”.

Senatore D'Onofrio, nel clima precongressuale impera un quesito di fondo, se Udc-Cdl è binomio del passato, allora qual è la nuova meta?
“Su questo argomento credo che ci siano stati molti più equivoci che affermazioni precise. La Casa delle Libertà è stata una formula di alleanza elettorale nel 2001, quando l’Udc non c’era e c’erano invece Ccd e Cdu. Oggi, la nostra non è una scelta di campo alternativa al centro destra; ma poiché la Cdl non esiste più, nell’accordo politico per le prossime elezioni - e nessuno esclude che l’Udc potrà far parte di esso - non è pensabile che si potrà trasportare in automatico quella stessa formula. Sotto il profilo sostanziale poi, affermiamo che la Cdl si è presentata più che come una forma di alleanza, come un cartello elettorale, ciò aveva un vantaggio e aveva un leader: Berlusconi come fatto elettorale. Ora, però, è venuto il momento di riflettere sui contenuti dell’alleanza politica che ha bisogno di capire quali sono le questioni che pongono rispettivamente Lega, An e Udc. Perché non è ammissibile che derivino conseguenze di partito dal momento elettorale. C’è chi ritiene che il momento elettorale esaurisca il valore di un'alleanza politica. E chi invece pensa che una alleanza politica vada al di là delle elezioni. L’Udc sta reintroducendo l’idea di un alleanza politica che non c’è mai stata dal 1994 in avanti. Il fatto stesso poi che Forza Italia si chiami così, sembra più un incitamento al Paese che non un vero soggetto politico. Tengo a chiarire, però: non si intraveda nella posizione dell’Udc alcun soccorso a Prodi”.

E se il Governo ponesse la fiducia sull’Afghanistan?
“Non abbiamo mai votato a favore di Prodi e non lo faremo se dovesse chiedere la fiducia sulla missione in Afghanistan. Siamo contrari e alternativi alla sinistra. È più accettabile una sinistra di modello tedesco dove ci sono due grandi partiti alternativi: uno socialdemocratico e uno popolare, i quali non escludono in casi straordinari, quando nessuno dei due ha una maggioranza autosufficiente, di fare un accordo. Il modello tedesco consente una grande coalizione tra due partiti alternativi, quindi prevede un bipolarismo che non è soltanto elettorale ma politico e noi siamo per questa soluzione. Nessuna sorpresa quindi sull’Afghanistan. Voteremo il linea di generale continuità il rifinanziamento della missione, ma non voteremo la fiducia qualora il Governo dovesse porla”.

Il Partito unico?
“Un partito unico deve avere una propria identità. Occorre domandarsi: sui temi di fondo cos’è essenziale. Non vorremmo che il “partito unico” diventasse un cartello elettorale. Siamo contrari ad un partito unico che nasca senza una base ideale di riferimento. Un esempio. In tema di politica economica se - come sosteniamo noi dell’Udc - c’è la centralità della famiglia, non possiamo essere favorevoli alla riduzione delle aliquote fiscali, ovvero alla previsione soltanto di due aliquote. In altre parole, ci chiediamo: come la trattiamo dal punto di vista fiscale una famiglia con due, tre o quattro figli? Noi riteniamo che andrebbe usato il metodo del quoziente familiare. Non siamo il partito dei quattro milioni delle partite Iva, come era stato per Tremonti e Fi all’inizio del '94. Consideriamo importante il lavoro autonomo, ma crediamo che sia altrettanto fondamentale la presenza della “famiglia numerosa”. Il punto è, questa diversità trova sbocco nella politica economica? Su questi temi ci deve essere un comune denominatore di fondo anche quando si ipotizza il partito unico. Non basta vincere le elezioni per saper governare. Questo centro sinistra ha vinto in nome dell’antiberlusconismo ed è esploso per i contrasti proprio su queste questioni cardine”.

Qual è la valenza di fondo che assegnate al Congresso?
“L’Udc si caratterizza come partito della vita e della famiglia. Siamo convergenti su queste questioni con lo schieramento del quale facciamo parte o dobbiamo piuttosto registrare che sulla vita, sulla fecondazione artificiale, sull’idea di famiglia, sulle unioni di fatto esiste uno slivellamento di fondo? Ovviamente, l’accordo politico si realizza al 90% con un partito e non al 100% e ci possono essere i dissidenti, però vorremmo capire se c’è possibilità d’instaurare un’alleanza capace di governare. Perché abbiamo avuto tanto l’impressione che, sì tutti insieme sotto il segno della Cdl abbiamo vinto in passato, ma che poi nel Governo del Paese siano esplose divergenze su punti fondamentali. Il Congresso servirà a dirimere tutte queste questioni e a chiarire la nostra posizione”.

E Cesa?
“Mi pare che finora ci sia sempre stata una totale sintonia con Casini e non vedo motivi per cui essa dovrebbe venir meno al Congresso. La posizione di Giovanardi invece è molto marginale. Se lui dubita del dove siamo collocati a me pare evidente che siamo alternativi alla sinistra. Occorre capire quale sarà la sua posizione al congresso. Non sono in grado di fare una prognosi circa l’ipotesi di una sua eventuale candidatura. Certo non credo che Giovanardi arriverebbe mai a sostenere che dovremmo ridurci a partito satellite di Forza Italia”.

Circa l’ipotesi di un avvicinamento a Mastella?
“L’idea è assolutamente bizzarra. Non è neanche pensabile un’aggregazione con Mastella, un soggetto politico che ha una sua dignitosa presenza in Campania e qualche vantaggio rilevante. Se ci sarà una “federazione dei moderati” e lui ne vorrà far parte, ben venga ma nessuno ipotizzi che noi aderiamo ad iniziative di Mastella”.

Ha un progetto personale?
“Personale, non direi. All’interno della Democrazia Cristiana facevo parte dei cosiddetti “esperti esterni”, quando il partito era largamente dominato da coloro che avevano consenso elettorale di tesseramento. Ho concorso a dar vita al Ccd insieme a Mastella, a Casini, alla Fumagalli e a Franco Fausti. Sono stato tra i fondatori dell’Udc perché volevo che si recuperasse quel senso di socialità che da solo il Ccd non aveva, ma mi rendevo conto quanto fosse complicato passare da “un cespuglio come il Ccd a un partito come l’Udc” e mi domando se non sia anche questa una causa di fondo dello scontro che stiamo avendo nel centro destra. Mentre non nutro dubbi sulla generosità personale di Berlusconi e di Casini, devo sottolineare, però, che il rapporto politico è una questione diversa. Infatti più l’Udc accentua la propria natura politica, più si pone il problema di spiegare ad An e Fi che cosa è. In altre parole, l’impressione che abbiamo avuto è che la vera alleanza fosse sostanzialmente tra Forza Italia e Lega Nord, poi si è aggiunta An, ma l’Udc non ne ha mai fatto parte nella sostanza. Se ci dovesse essere una nuova alleanza, questi quattro soggetti stabiliscano un patto politico, ma quest’ultimo va costruito e non dato per scontato”.

Forse, però, la maggiore discrasia è con la Lega?
“Noi non abbiamo ancora chiaro fino in fondo se - come io mi auguro - la Lega ha scelto di trasformare questo Paese in un modello tendenzialmente federale unitario o se, invece, avendo un interesse esclusivo per il Nord, ha immaginato che alla fine ci potesse essere una secessione dell’Italia. La Lega nel 2001 aveva posto la questione della devoluzione e noi, che siamo un partito non sudista, ma prevalentemente del Sud, vogliamo capire che succede”.

C’è una questione morale nell’Udc?
“Sono molto lieto del fatto che siamo stati attaccati per aver difeso persone inquisite a fronte del fatto che poi, il tempo e il corso della giustizia, hanno più d’una volta sconfessato la presunta mafiosità di cui ci hanno troppo spesso accusato. Proprio pochi giorni fa, dopo tredici anni, abbiamo constatato che l’amico Michele Forte è stato prosciolto perché il fatto non sussiste. Lo stesso è avvenuto con David Costa, che era assessore regionale dell’Udc in Sicilia. Questo è stato additato come il partito della mafia ma si è svelato chiaramente e in modo clamoroso come tutto questo accanimento nei nostri confronti sia spesso stato frutto di congetture, errori madornali, scambi di persona: insomma di pasticci inauditi. E’ intollerabile che un uomo onesto - come si è rivelato Costa - abbia dovuto subire per sviste, confusioni ed errori, un danno personale e politico. Occorre che qualcuno paghi quando un uomo ha subisce ingiustamente danni di questo tipo. Quindi, i primi a porci la questione morale, intesa in questo senso, siamo noi ed perciò che l’Udc non presenta mozioni al ministro Mastella, perché riteniamo che visto che egli faceva parte della commissione antimafia che aprì la strada al processo contro Andreotti nel '93, sarebbe opportuno ci spiegasse finalmente dopo tanti anni cos’è veramente accaduto a quel tempo. Soprattutto perché oggi egli è ministro della Giustizia e anche perché allora non esistevano né Fi, né Udc, né An; c’era invece la Democrazia Cristiana. Ci dica Mastella che cos’è che ha indotto quel partito a morire, ce lo spieghi”.


Intervista tratta dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' dell'1 febbraio 2007
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