L’On. Stefano de Luca è il Segretario Nazionale del Partito liberale italiano, piccola formazione politica da sempre alleata con la Casa delle Libertà che, tuttavia, ha spesso avuto il coraggio di dissentire rispetto alle decisioni politiche assunte dalla coalizione di centro-destra, come ad esempio sulla recente riforma costituzionale dello Stato bocciata dal referendum popolare svoltosi il 25 e 26 giugno scorsi.

On. de Luca, cosa pensa dell'iniziativa promossa dal Gruppo dei 101 in quel di Firenze per la costituzione di un'assemblea permanente del nuovo polo laico e liberalsocialista?
“Tutte le iniziative volte a rivitalizzare l’area laica italiana, oggi frantumata e dispersa, mi trovano concorde. D’altronde, i liberali fiorentini erano già tra i promotori dell’iniziativa del Gruppo dei 101…”.

Lei non crede sia ormai giunto il momento di risolvere tutte le 'diaspore' dell'area liberale e socialdemocratica attraverso la costituzione di un'unica forza autenticamente laica in grado di dialogare con il mondo cattolico e moderato?
“Concordo nella misura in cui si parta dal presupposto che deve considerarsi superata la distinzione, nel mondo socialista, tra massimalisti e riformisti. Per questi ultimi, come già intuirono Saragat e poi Craxi, c’è un posto, in quanto liberalriformisti, all’interno di un grande movimento liberale moderno, consapevole che, insieme al mercato e alle sue regole, deve crescere l’attenzione per la tutela verso i più deboli: quello che si chiama il liberalismo sociale”.

Politicamente, i liberali sarebbero, allo stato attuale, più interessati alla futura formazione del cosiddetto partito democratico, oppure siete maggiormente attratti dal costituendo partito unico dei moderati?
“I liberali seguono con interesse il processo di aggregazione in atto tra forze del centro-destra, da una parte, e del centro-sinistra dall’altra. Ma non si riconoscono nel partito democratico, che con la sua aspirazione ad aderire al partito socialista europeo e con le contraddizioni di una strisciante, quanto forte, tentazione di compromesso ‘catto-postcomunista’, è altra cosa rispetto alla tradizione liberale. Altrettanto, il partito dei moderati, nel centro-destra, è il progetto di un partito conservatore aderente al Partito popolare europeo, che dunque non può rappresentare il punto di approdo dei liberali. Oggi, il tema all’ordine del giorno, nel mondo liberale italiano, è quello di riunirsi per costituire un soggetto saldamente ancorato ai principi e ai valori della tradizione liberale in tutte le sue svariate espressioni collegata alla terza forza del nostro parlamento continentale: quella del partito liberale europeo”.

E' utopistico, secondo lei, in un sistema ancora fortemente maggioritario, porre al centro degli schieramenti una nuova forza laica di dialogo 'bipartisan' tra destra e sinistra, oppure è destino che un polo di centro, in Italia, rimanga perennemente 'schiacciato', elettoralmente, dalle altre due coalizioni? E fino a quando la situazione è destinata a rimanere così?
“Il rischio esiste e rappresenta la causa principale della scomparsa dei soggetti politici che tradizionalmente rappresentavano il mondo laico. Tuttavia, i pessimi risultati offerti dal maggioritario nelle diverse versioni sperimentate, impongono un radicale cambiamento di rotta. Permane, è vero, una diffusa propensione popolare a dividersi in tifoserie contrapposte, esaltando più il valore del vincolo di coalizione che la convergenza ideale e programmatica. In ogni caso, molto presto e nonostante la deleteria ed invasiva propaganda dei media, che insistono nel contrapporre destra a sinistra, l’implosione delle coalizioni - entrambe e, forse, contemporaneamente - imporrà la questione di dover pensare ad altri modelli”.

Gli italiani sembrano consapevoli che le due attuali coalizioni in campo, l'Unione e la Casa delle Libertà, rappresentano un agglomerato di forze eterogenee e spesso contraddittorie: perché, allora, non dare maggior fiducia ad un terzo polo centrista in grado di essere il vero ‘ago della bilancia’ di tutta la situazione?
“Quando si sarà consumata l’attuale fase ‘inerziale’ di resistenza delle contraddittorie alleanze esistenti, sarà inevitabile il confronto e l’intesa tra forze di comune tradizione democratica, espungendo i gruppi ed i partiti più estremisti, sia di destra che di sinistra. In tal senso, una ricostituita e visibile forza liberaldemocratica potrà avere un ruolo centrale al fine di determinare la rottura degli equilibri dell’attuale sistema e per generarne dei nuovi, che presuppongano un centro forte che possa, di volta in volta, stringere alleanze con la destra o con la sinistra moderata. Le forze del centro liberale e democratico debbono trovare il coraggio di collocarsi fuori dalle attuali coalizioni, a rischio di una temporanea impopolarità, ma nella consapevolezza che questa è l’unica strada per un Paese che vuole recuperare il posto che gli compete in Europa e nel mondo”.

Di recente il suo partito si è schierato ufficialmente contro la riforma costituzionale dello Stato varata dal centro-destra nella scorsa legislatura: si tratta di un primo segnale di avvicinamento del mondo liberale al centro-sinistra, oppure di un'intesa limitata al merito della questione referendaria in sé?
“Nella tradizione liberale non c’è tempo per le mosse tattiche o per gli ammiccamenti politici. Ci siamo schierati per il ‘NO’ nel corso della recente campagna referendaria perché non condividevamo la riforma del centro-destra, che tendeva a scardinare il sistema di democrazia parlamentare basata su un equilibrio dei poteri, per introdurre surrettiziamente un sistema tendenzialmente autoritario e penalizzante per il sud, in nome di un federalismo egoista delle regioni più forti. Fortunatamente gli italiani hanno capito ed hanno bocciato quella riforma”.

Qual è, secondo lei, il futuro verso cui dovrebbe dirigersi l'area laica, liberale e socialista italiana?
“Un futuro di battaglie chiare, comprensibili a tutti, basate sui valori fondamentali della tradizione liberale: libertà nel mercato, ma forza delle regole imposte dallo Stato; istruzione e welfare che garantiscano l’uguaglianza dei punti di partenza per crescere, ‘liberamente diseguali’, nella vita; prevalenza assoluta dei diritti del singolo, imponendo una giustificazione elevata al rango di norma costituzionale, per ogni singolo divieto; difesa del diritto di proprietà, oggi sempre più limitato da condizionamenti di carattere pubblicistico; riduzione drastica dell’apparato burocratico e dei relativi costi; privatizzazione della maggior parte dei servizi pubblici e liberalizzazione delle attività gestite in forma societaria da Stato, Regioni, Province e Comuni; riduzione consistente e generalizzata del carico fiscale, che produrrebbe un incremento delle entrate per effetto dell’allargamento della base imponibile. Insomma, una forte dose di liberalismo produrrebbe l’effetto di modernizzare lo Stato, rilanciando l’economia e, quindi, i consumi”.


Articolo tratto dal sito web di informazione e cultura www.diario21.net
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