Arturo DiaconaleNon sono un ateo devoto e neppure un teo-con. Sono, molto più semplicemente, un liberale con i piedi per terra. Cioè un liberale realista. E come tale debbo confessare che non riesco ad appassionarmi in alcun modo alle polemiche in corso in queste settimane sul Concordato e la sua eventuale revisione, sulla legge sull’aborto e la sua eventuale correzione, sulla ingerenza della Chiesa sulle vicende politiche italiane e sulla necessità di contenerla il più possibile all’insegna di un rinnovato laicismo. Capisco che questi temi possano servire a qualche forza politica per caratterizzarsi in vista delle prossime elezioni di primavera. Che può fare il povero Enrico Boselli, per anni appiattito sulla linea della più assoluta ortodossia prodiana, per dimostrare di aver conquistato una posizione autonoma rispetto a Ds, Margherita e, soprattutto al “professore”? E che possono fare quegli esponenti di Alleanza Nazionale in cerca di recupero dell’elettorato cattolico se non cercare di essere più papisti del Papa?
Non mi scandalizzo, dunque, di fronte alla strumentalizzazione di queste tematiche. Ma rivendico il diritto, da liberale non convertito ad un imprecisato neo-guelfismo e da laico non ottenebrato dalla cieca fede nel laicismo ideologico, di sottolineare che le discussioni del momento riguardano una serie di problemi che non hanno alcuna rispondenza con le questioni e gli interessi immediati, reali e concreti, del Paese. Non discuto, ovviamente, sull’importanza di mantenere il rapporto tra Stato e Chiesa sempre all’interno della linea fissata da Camillo Cavour della “libera Chiesa in libero Stato”. Ma considero un autentico imbroglio trasformare questa esigenza in una priorità dell’agenda politica del Paese. Le priorità sono altre. E riguardano tutte le terapie concrete che dovranno essere adottate per guarire tutti quei sintomi di una malattia complessiva che si chiama declino. Come rilanciare l’economia, rimettere in moto la produzione, far ripartire i consumi, tornare ad essere competitivi nei mercati esteri? Quali riforme da realizzare per non tornare ad essere la “terra dei morti” dei secoli della decadenza? In quale modo superare le infinite resistenze corporative, localistiche, lobbistiche che rendono impossibile continuare a portare avanti il processo di modernizzazione della nostra società? Credo che le priorità siano queste. E che sia più importante sapere quale sarà il programma dell’Unione o il nuovo patto con gli italiani della CdL piuttosto che stabilire se il cardinal Ruini parla troppo o troppo poco. Per tale ragione nelle prossime settimane “L’opinione “ si impegnerà a chiedere ai rappresentanti delle forze liberali e laiche, sia quelle del centro-destra che quelle del centro-sinistra, di indicare con chiarezza le proprie priorità programmatiche. Un po’ di concretezza non guasta. Anche tra i post-guelfi ed i post-ghibellini.


Direttore Responsabile del quotidiano "L'opinione delle Libertà"
Articolo tratto da "L'opinione delle Libertà" del 23 novembre 2005
Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio