Vincenzo MiliotoAl di là delle intemperanze che si sono manifestate nel corso del V Congresso Nazionale del Nuovo Psi, non è assolutamente vero, come ha scritto la stampa, che il nostro sia stato un ’Congresso fantasma’. I militanti riunitisi presso la Fiera di Roma il 21, 22 e 23 di ottobre erano uomini e donne veri, socialisti veri e, anche se con diverse opinioni, tutti coloro che sono intervenuti lo hanno fatto perché vogliono continuare a credere nella costruzione del Nuovo PSI. Gianni De Michelis e Bobo Craxi sono un patrimonio del nostro partito che non dobbiamo consentire a nessuno né di disperdere, né di dividere: essi sono i due esponenti che ci hanno dato il maggior contributo, e se oggi le posizioni sul piano politico possono essere distanti anche loro hanno il dovere di costruire il futuro del socialismo italiano. Voglio togliermi qualche ‘sassolino dalle scarpe’: io non condivido quando qualcuno parla di partito socialista calabrese. Mi chiedo, dunque: se non ci fossero stati i calabresi e i siciliani, ci sarebbe oggi questo partito? Senza Saverio Zavettieri, Franco Piro, Vincenzo Milioto e i siciliani noi non avremmo questo partito. E, altro ‘sassolino’: se fossimo stati meno generosi e altruisti e avessimo fatto valere la logica dei numeri rivendicando qualche posto ministeriale, probabilmente questo partito avrebbe qualche numero in più sul piano nazionale. Sciascia, mio concittadino di Racalmuto, un tempo scrisse: “Dissi e mi contraddissi”. Ed è lecito per chiunque dire e contraddirsi. Ma voglio anche ricordare, a me stesso e agli altri, che io firmai la mozione di Gianni De Michelis dopo una dichiarazione che lessi sul Corriere della Sera di Chiara Moroni e una successiva delo stesso De Michelis che chiarivano una posizione politica. E’ certamente lecito contraddirsi. Ma una diaspora non è un valore da difendere. Diventa un valore, al contrario, la ricerca di stare tutti insieme e di superare la diaspora socialista. Poi andremo alla politica, perché di politica bisogna parlare. Diventa inoltre quasi specioso assistere ad un congresso in cui si identificano i nostri compagni di viaggio e si parla solo dei Radicali di Marco Pannella, di Boselli, di Villetti, e non si parla, non si va indietro un po’ nella memoria rispetto a quelli che sono stati fino ad oggi i nostri compagni di viaggio: Buontempo, Mirko Tremaglia, Bossi, Fini e tanti altri.
Io non mi scandalizzo, sono tra quelli che non rinnega nulla delle cose che ha fatto fino ad oggi, e se dovesse rifarle a ritroso, rifarebbe esattamente le stesse cose. E lo dico subito ad Enrico Borselli: i socialisti hanno intenzione non di fare abiure rispetto alle cose che abbiamo fatto in questi anni. Questo è uno degli accordi su cui si deve basare la nostra unità, che non può che prescindere dal riconoscimento che sono tutte legittime le cose che abbiamo fatto. Noi non pretenderemo abiure da Boselli e da Villetti, ma certamente non permetteremo che altri le chiedano a noi. Questo partito non è nato nel 2001. Questo partito è nato prima, quando in un sottoscala ci ritrovammo, a Roma, in pochi, pochissimi. Due o tre venivano da Agrigento e altri tre o quattro da altri posti. Qualcuno da Palermo, qualcuno dalla Calabria: eravamo comunque in pochi. E come carbonari facemmo una riunione mettemmo in cantiere la costruzione di un partito socialista con Ugo Intini. Io c’ ero. E tanti compagni allora non c’ erano. Navigavano probabilmente in acque più tranquille, più facili: qualcuno in Forza Italia qualcuno, altri anche in partiti della sinistra. In Agrigento eravamo in tre, quando iniziammo. E poi diventammo 4 o 5 e ricordo le riunioni interminabili per convincere un compagno o si partiva da Agrigento per andare a Santa Margherita per convincere un singolo cittadino. Da lì si partì sino ad arrivare all’ 8%: 18000 voti della delegazione di Agrigento. Perché lo facemmo? Lo abbiamo fatto perché non potevamo acconsentire che la nostra storia, la storia del socialismo italiano, la storia di Bettino Craxi e di tanti compagni che avevano scritto le pagine più importanti della storia nazionale passassero come un fatto di cronaca nera, diventasse un fatto giudiziario, di cui vergognarsi. Tenemmo duro, caro Gianni De Michelis. Tenemmo duro in pochi, pochissimi in Sicilia. In certe occasioni, io ricevevo le telefonate mattutine alle 7 e mezzo di mattina da Gianni De Michelis in cui egli mi diceva: “Resisti, non dobbiamo consentire che un piccolo microcosmo di partito si esaurisca”. E io continuai per impedire che questo partito morisse. Qualcuno mi ha poi detto: “Senza i voti di AN e degli altri partiti, non saresti diventato parlamentare.” A questo compagno io voglio rispondere che quello che fu dato a me ad Agrigento non era un collegio blindato, quello che fu consegnato a me era un collegio che partiva da meno 22 e dove, nelle due precedenti competizioni elettorali, si erano cimentati candidati di Forza Italia che avevano sempre perso. Tutto il gruppo dirigente di quella Federazione del partito siciliano ebbe la capacità di portare su di me, su questo candidato socialista, i voti di tutti i socialisti ovunque allocati, di portare tanto voto della sinistra che si è riconosciuta in questo candidato. E, nonostante la destra, quella destra di AN, Forza Italia e dell’UDC, mi fece mancare ben dodicimila voti rispetto al dato proporzionale, io divenni parlamentare lo stesso. Dunque, non devo nulla ad altri, bensì all’impegno dei socialisti agrigentini e, certamente, di tutto il partito nazionale. Ma non mi sento grato né a Fini, né a Berlusconi. Nel 2001, compagni, facemmo un’alleanza con Silvio Berlusconi, perché ritenemmo giusto chiudere quell’accordo. Lo facemmo convinti che non bisognava acconsentire che vincesse Prodi e quel centro-sinistra. Caro Rutelli, ha ragione Mastella: è poco importante, ma non bisognava acconsentire a quel centro-sinistra, che ancora denotava connotati che non ci piacevano affatto, che esso potesse guidare il Paese. Tra l’altro, quel 2001 si aprì, dopo il Palavobis, con il diniego a Gianni De Michelis e a Claudio Martelli di poter diventare parlamentari. Berlusconi andò in televisione e negò la possibilità a Gianni di diventare parlamentare nazionale. La politica non si fa con i sentimenti e con i risentimenti. E noi non dobbiamo averne, perché la politica è il ragionamento che deve guidare il nostro impegno politico e la nostra azione. Però, così come possiamo dimenticare Violante e Di Pietro, abbiamo anche il dovere di non scordare che per due anni e più il nostro Segretario di partito non partecipò a nessun vertice della Casa delle Libertà, perché probabilmente Berlusconi se ne vergognava e perché qualche volta è stata invitata perfino la Moroni. Dobbiamo aver memoria, ma non solamente per quello che ci conviene. Quando si parla, e io lo condivido, di Unità socialista ci si riferisce ai cardini sui quali si deve costruire l’unità socialista stessa: identità e autonomia. Però a qualcuno vorrei anche ricordare che identità e autonomia abbiamo potuto esprimerle rimanendo autonomi da chi? Abbiamo votato la devolution e non credo che ci sia qualcuno all’interno del nostro partito, al di là di Chiara Moroni e di qualche altro bergamasco, che possa condividerla. Chi vi scrive ha votato no. E se fossi chiamato a farlo, rifarei la stessa cosa mille altre volte. Voterei no, dinanzi a chi vuole questa riforma della Carta Costituzionale. Eravamo forse autonomi di votare finanziare che non ci piacevano e che nessuno discuteva con noi? O di votare leggi salva-Previti, falsi in bilancio, rogatorie? Autonomi di fare tutte queste cose? Ma autonomi da chi? Queste sono le cose che ho voluto dire al nostro Congresso, un grande congresso, come non se ne vedevano da anni, dibattuto, combattuto. E queste cose le ho volute dire per significare che nella posizione che si riconosceva nel Segretario uscente del partito, certamente vi era una legittima posizione di ancoraggio alla Casa delle Libertà e al centrodestra. Ma c’era anche una posizione politica sicuramente diversa: quella dell’Unità socialista nel centro-sinistra. Un treno su cui qualcuno non salirà, ma che ormai è già partito.


Vicesegretario Nazionale del Nuovo PSI
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