Lorenza Morello"Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria", diceva il sommo poeta. Questo pensiero riecheggia prepotente in domeniche estive come questa, in cui chi resta a casa per sventura affida il proprio svago all'apparecchio televisivo, ma ha qualche anno in più sulle spalle e non può non notare quanto disvalore ci sia tra la produzione odierna e quella di qualche decina d'anni fa. Non serve un grande sforzo per osservare la discrepanza tra la televisione attuale e quella di anni lontani, ma nemmeno troppo, in cui c'erano padroni di casa come il sempre compianto, immenso, Luciano Rispoli: magistrale conduttore di trasmissioni del calibro di 'Tappeto volante', in cui chiacchierava con persone garbate e sorrisi addirittura sinceri da parte degli ospiti. Così come diventa lunare il ricordo di un programma giustamente entrato nella leggenda tv - una cosa di cui ci si racconta, ormai, nelle notti di luna come un qualcosa di incredibile a dirsi e a farsi in televisione - ovvero, 'Parola mia': la lingua italiana in bella mostra, raccontata e giocata con piacere e puntiglio nel 'pre-serale' di Raiuno. Sul finire degli anni '80, come a dire il 'Mesozoico', peraltro a tarda sera andava in onda Renzo Arbore con 'Indietro Tutta' - e ognuno i paragoni con la 'sbobba' attuale li può fare da solo, se c'era e se ricorda. 'Parola mia', peraltro, venne ripreso con blando tentativo nel 2002: purtroppo, là fuori c'era un mondo che iniziava già a chiedersi perché non si potesse invece scrivere 'perké', risparmiando ben una lettera dell'alfabeto e guadagnando secondi preziosi da spendere in altre fesserie. Semplicemente, pare si sia deciso che il pomeriggio tv debba essere 'hot' e nessuno ci prova più, ma nemmeno a fare un tentativo: hai visto mai che poi piace alla gente? E che ci facciamo con gli inviati fissi di pomeriggio ad Avetrana? Bando ai 'nostalgismi', un magnifico attivismo di tempi pionieri di radio e tv da cui saltavano fuori idee come 'Bandiera Gialla' o 'la Corrida' può ancora risorgere da chi ricorda il modo amaro e combattivo di persone di quel calibro, quando, a cose finite, sapevano raccontare, rimpiangere, chiedersi il perché di tempi siffatti. Sempre con garbo, ci mancherebbe, ma quanta rabbia e combattività ci leggevi dietro. La stessa rabbia e combattività che persone come noi avranno sempre in corpo.


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