Carla BenedettiL’impotenza di vedere come fine ultimo la popolazione anziché considerarla un mezzo attraverso la quale realizzare la propria ipocrisia, la falsa coscienza e l’inganno; camuffare il tutto mediante una comunicazione tendente ad esercitare il ricatto morale e il terrorismo psicologico, che sappiamo bene quanto riesce a paralizzare inducendo a ripiegarsi su se stessi, in uno stato emotivo oramai pervaso da sensi di colpa; l’impotenza delle donne, che mai come in questo referendum erano protagoniste ma che in scarsa minoranza sono andate alle urne; l’impotenza dei parlamentari, tutta quella trasversalità alla quale è stato impedito di formulare una legge più equa, degna di uno Stato laico e priva di ricatti morali e religiosi; l’impotenza delle persone che hanno creduto con fiducia nell’istituto referendario, unico strumento democratico per far sentire la loro voce. E’ la prima volta che addirittura si mette in discussione la “bontà” dell’istituto stesso. E’ la prima volta che abbiamo dovuto ascoltatare la frase: “Una legge viene fatta dal Parlamento e su questi temi non bisogna consultare la popolazione”. E’ sconcertante: siamo all’oscurantismo medievale.
E l’impotenza dei nostri scienziati, nonostante si discuta della fuga (emigrazione di lusso) dei nostri migliori cervelli all’estero. L’emigrazione delle nostre migliori risorse umane verrà infatti ulteriormente incrementata: quali ragioni li dovrebbero trattenere, visto che nel nostro Paese non si ritiene così importante finanziare la ricerca scientifica? Alla popolazione non è stato detto, ovviamente, che soltanto una parte di essa, quella economicamente abbiente, potrà usufruire di cure per malattie degenerative, diventare genitori e quant’altro, andando nei Paesi limitrofi, i quali, proseguendo nella ricerca, offrono questa opzione e, ironia della sorte, finiranno per usufruirne proprio coloro che da noi l’hanno impedita e la impediscono con campagne moralizzatrici. L’impotenza rinnovata sul tema della “libertà di coscienza”: in tutte le grandi tradizioni filosofiche e spirituali compare l’idea che la maggior parte degli esseri umani attraversino l’esistenza come sonnambuli, in antitesi all’evoluzione e al progresso rappresentata dall’espansione della coscienza, che è senz’altro la più alta manifestazione di vita. Ma perché la coscienza è così importante? Perché per tutte le società che la posseggono rappresenta il principale strumento di sopravvivenza. In altre parole, abbiamo l’opzione di esercitare i nostri poteri o di distruggere i nostri mezzi di sopravvivenza e benessere. La coscienza (a livello concettuale) è un atto di volontà. Ciò significa che la nostra natura ha una possibilità straordinaria: quella di cercare la consapevolezza oppure di evitarla attivamente, quella di cercare la verità o di trascurarla, quella di darci un obiettivo o decidere di calarci a un più basso livello di coscienza. La forma di tradimento più semplice non è il voler prendere atto delle cose che non vanno, ma la coscienza che non si traduce in azioni appropriate, evitando di capire il significato di ciò che si sta facendo. Quando, ad esempio, si ha paura di un’operazione che secondo il medico è indispensabile a salvare la vita, aver paura non significa che si vivrà bene anche senza l’operazione. Se un’affermazione è vera, il fatto che venga negata non la renderà falsa. Dobbiamo vivere consapevolmente, senza confondere il soggettivo con l’oggettivo. E soprattutto con la speranza.


Articolo tratto dal quotidiano "Il socialista Lab" del 15 giugno 2005
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