Silvia MattinaIn scena al teatro 'Cometa Off', nel cuore del quartiere romano di Testaccio, sino al 21 gennaio, 'Dio arriverà all'alba' entra nell'intimo della donna Alda Merini e nei diversi rapporti con se stessa, il proprio passato, la poesia e le persone che le sono state accanto in un preciso momento della vita. Da poeta, Antonio Nobili è riuscito a carpire i turbamenti di un animo brusco e sensibile allo stesso tempo, senza cadere nella facile lettura della poetessa 'bipolare' che entra ed esce dai manicomi. La Merini stessa sembra svelare, lentamente ma con grande potenza, le gioie e dolori vissuti fin da bambina, quando comincia a scrivere i primi componimenti e viene notata da Giacinto Spagnoletti, fino ad arrivare ai dolori dell'amore negato dalle figlie. L'occasione per queste rivelazioni al pubblico è offerta con l'intervista di un giovane, Paolo (Daniel Terranegra), che incontra più volte la donna per raccogliere tutte le informazioni da inserire nella pubblicazione del suo professore universitario. I due si intendono subito: la poetessa trova conforto alla solitudine ricordando i tempi giovanili. E Paolo si rivela un degno e attento ascoltatore, che cerca di catturare il viaggio intrapreso dalla Merini lontano nel tempo. Da semplice intervista a sincera confessione laica, Nobili costruisce il testo e la regia alternando le poesie dell'autrice con 'spunti d'indagine' del tutto personali, animato dall'idea di rendere omaggio alla grande poetessa mediante la descrizione di una donna che, da un lato, mostra il proprio radicamento alla casa (passa le notti su una sedia), dall'altro esprime un continuo abbandono alla sfera onirica. In questo continuo universo dei sogni, la Merini viaggia con naturalezza, mentre i due innamorati, Arnoldo Mondadori (Daniel De Rossi) e Anna (Sara Morassut), insieme al dottore (Alberto Albertino), le gravitano attorno come piccoli satelliti, sfiorandola appena nell'intimo dolore della mancanza. L'impotenza del giovane intervistatore a scrivere ciò che ascolta dalla donna è la chiara misura dell'immensità e dello spessore, intellettuale e umano, della Merini: ogni parola è un granello d'oro da custodire, o meglio nascondere, per evitare di polverizzarlo con una riflessione superficiale e circoscritta. Le conversazioni rappresentano tanti suoni di una sinfonia poetica alle orecchie del pubblico, estremamente attento. E si rimane inermi ascoltando la ritualità della parola che, a ogni intervista, mette in scena la Merini. Come accade a Paolo, il pubblico s'identifica nell'impossibilità di registrare il singolo movimento, il suono della voce e l'ironia della donna, cercando di catturare faticosamente il senso di una poetica totalmente imperniata sulla libertà espressiva, per arrivare a capire la sorgente dell'ispirazione. L'età così giovane del Nobili non tradisce un lavoro denso e complesso come quello portato in scena, che dimostra quanto questo regista e autore sia entrato in profondo contatto con la Merini, tanto da rivelarne i sentimenti più sopiti e nascosti, immaginari e reali, deliranti ed equilibrati. Il perno dello spettacolo è senza dubbio l'interpretazione intensa di Antonella Petrone, la quale, come in una sorta di 'transfert', restituisce con meticolosa e puntuale recitazione, nei sospiri, nelle risate e nella camminata, le sembianze di una donna unica nel suo essere 'normale nell'anormalità' in cui è costretta a vivere. Così, forza e solitudine si equivalgono. E il testo scorre veloce e fluido nella sua impegnativa durata, in cui Nobili ha inteso disvelare ogni minuscolo dettaglio della personalità della poetessa, a partire dalla scenografia essenziale e disordinata della casa popolare di Milano. Le pareti sono grandi 'bloc-notes', fogli da disegno dove la protagonista programma, fissa ed esprime il proprio conflitto come metafora di una creazione che non può essere contenuta in un semplice 'formato-libro', ma invade e pervade con prepotenza e urgenza la casa, le persone, l'intera esistenza umana della Merini. È tutto talmente poetico, nitido e così presente, come se si fosse accesa una luce sulla vita passata della donna, da far passare in secondo piano i brevi momenti di calo della tensione narrativa nelle ripetizioni di alcuni gesti, voci fuori campo e musiche insistite sulle voci degli attori. Non resta, dunque, che lasciar spazio alla commozione in questo doveroso omaggio a una donna, talmente abbandonata al proprio talento naturale da essere altalenante nel proprio ruolo di madre. La difficile convivenza tra questi due aspetti porta la Merini a una depressione cronica. In lei non c'è spazio per accudire gli altri: la poesia è l'unica vera figlia e compagna della sua esistenza. Nel mancato rapporto con la figlia Barbara c'è la chiave di lettura dell'animo della 'poetessa della vita': da una semplice telefonata si scatenano una successione di dialoghi e soliloqui che mostrano fragilità e insicurezze proprie di un genitore inadeguato e impaurito dalla sofferenza del distacco. In fondo, la solitudine è rifugio e alibi, per ogni poeta. E il dolore è una condizione inevitabile per chi, come lei, si confronta quotidianamente con lo specchio dell'onestà, in cui "tutte le cose hanno bisogno di essere guardate". La sensibilità senza tempo dello sguardo del Nobili corrisponde alla resa della Merini, che vestita con una sottana e una pelliccia, si abbandona finalmente al tormento del passato e, complice la sensazione di calore che le trasmette Paolo, abbassa lo 'scudo della parola' per rassegnarsi a vivere.

Dio arriverà all'alba
Teatro della 'Cometa Off'
via Luca della Robbia, 47 - Roma
dal 16 al 21 gennaio 2018
Scritto e diretto da: Antonio Nobili
con: Antonella Petrone nel ruolo di Alda Merini; Daniel Terranegra (Paolo); Daniel De Rossi (Arnoldo Mondadori); Sara Morassut (Anna); Alberto Albertino (Dott. Gandini)
e con: Sharon Orlandini (la bambina)
Per tutte le informazioni sull'evento:
www.teatrosenzatempo.com/aldamerini
e-mail: info@teatrosenzatempo.com


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