Vittorio LussanaNell'epoca della modernità 'liquida' è sempre più difficile parlare di massa intesa come un aggregato anonimo di persone. Le nuove possibilità di scelta legate allo sviluppo tecnologico delle comunicazioni, l'emancipazione di una precisa fascia di popolazione e la sua insofferenza verso i prodotti convenzionali, la necessità di fidelizzare un pubblico sempre più saturo e distratto sono i fattori che stanno cambiando la produzione televisiva, modificandola di pari passo con le nuove tendenze dei telespettatori. Anche la televisione commerciale sta lentamente tramontando, mentre l'Iphone, il tablet e il personal computer sono diventati essi stessi un qualcosa di molto simile al mezzo televisivo, a uso e consumo dell'utente. Al contrario, la stessa televisione può essere trasformata, grazie alla connessione internet, in un dispositivo di ricerca in rete. In pratica, stanno venendo meno le vecchie categorie concettuali che mantenevano ogni mezzo nel 'binario' specifico della loro funzione. La 'transmedialità' è la nuova parola d'ordine, funzionale a descrivere una diversa tipologia di 'audience' sostanzialmente 'nomade', alla continua ricerca di stimoli, desiderosa di storie che rendano più comprensibile e fruibile la realtà. La necessità di comprendere il mondo che ci circonda attraverso le vicende efficaci e coinvolgenti di un telefilm, certamente non è un'invenzione dell'epoca attuale: è la riscoperta della 'narratività' quel che sta investendo ogni ambito. Particolarmente significativa, al riguardo, è l'evoluzione avvenuta proprio nelle serie televisive. Nate da una formula primitiva, che le avvicinava ai radiodrammi o ai romanzi a puntate, esse possono, oggi, esser considerate la principale 'spia' rivelatrice del cambiamento in atto. Innanzitutto, l'innovazione di testi e soggetti, la libertà espressiva cercata da autori e sceneggiatori, la stessa sperimentazione artistica degli ultimi anni sono i fattori che hanno catalizzato l'attenzione di critici e intellettuali, da sempre refrattari nel riconoscere un qualche valore artistico alle produzioni televisive. Ma ciò è avvenuto anche perché quest'ultime hanno cominciato a produrre i loro contenuti secondo quelle regole di 'convergenza' che fanno diretto riferimento alla definizione di Henry Jenkins, il saggista americano che per primo ha coniato la locuzione 'transmedia storytelling', al fine di sottolineare la capacità di una storia di aggiungere una 'chiave interpretativa', un 'senso' di fondo, alla narrazione. Insomma, sotto un profilo di antropologia sociale, le serie tv hanno riscoperto quella funzione educativa che la televisione sembrava aver dimenticato, mettendo in scena, senza edulcorazioni o moralismi, i grandi temi e i problemi della nostra vita di tutti i giorni. I personaggi protagonisti e le loro caratterizzazioni psicologiche sono state spogliate dal vecchio e statico manicheismo da 'fiction', che spesso finiva col 'cannibalizzare' le singole vicende raccontante all'interno di ciascun episodio, per ricalcare i mutamenti e le numerose contraddizioni della nostra vita quotidiana. In sostanza, ciò che oggi vediamo è divenuto più reale del reale. E questo nuovo tipo di 'serialità' è la massima espressione di quel 'transmedia storytelling' che tende a descrivere la società attuale avvolgendola in un universo narrativo, indirizzando, più o meno consapevolmente, la nostra percezione dell'esistenza. Dal marketing alla politica, financo alla televisione, lo 'storytelling' sta occupando ogni ambito, agevolato da una cultura di tipo 'transmediale' in cui tutti i mezzi di comunicazione sono legati tra loro tramite rimandi e interconnessioni. Le moderne serie televisive non si limitano semplicemente a fornire una diversa rappresentazione della realtà, ma sono state tramutate in veri e propri dispositivi narrativi. Con l'avvento della televisione commerciale, ogni funzione pedagogica del mezzo televisivo sembrava perduta in favore di un coinvolgimento 'emotivo' con il pubblico, nel tentativo d'intrattenerlo per il maggior numero di ore possibili. Tuttavia, le recenti innovazioni tecnologiche digitali hanno offerto allo spettatore una nuova 'via di fuga' da una programmazione legata a logiche commerciali o di stampo pubblicitario, puntando su palinsesti quasi personali o personalizzabili. Accanto a un modo di fare televisione che si potrebbe definire 'classico', si è via via affiancato un nuovo modello, sempre più presente sul web e generalmente a pagamento, in grado d'investire su una programmazione qualitativamente migliore e tematicamente varia. In base a ciò, un'intera fascia di popolazione, non sentendosi né rappresentata, né particolarmente stimolata dalla televisione commerciale, si è progressivamente 'spostata' verso queste nuove 'piattaforme', attirando ingenti investimenti commerciali. Ebbene, tutto questo processo è avvenuto grazie alla ritrovata 'pervasività' di serie televisive come 'Grey's anatomy', 'House Medical Division', 'Battlestar Galactica' e 'Lost', fino alle più recenti 'The walking dead', 'Il trono di spade', 'House of cards' e 'Master of none'. Serie tv dotate di meccanismi di costruzione del reale assai più variabili rispetto ai vecchi telefilm a 'schema fisso'. Quelli basati, per esempio, sulle esibizioni investigative in un'aula di tribunale dell'avvocato Perry Mason, fino ai freddi ragionamenti dell'antropologa forense Temperance 'Bones' Brennan, passando per gli anni '80 del 'Tenente Colombo' e i '90 de 'La signora in giallo'. Le grandi narrazioni affrontano, oggi, ogni aspetto della quotidianità, influenzando la percezione stessa che si ha della vita reale. A tutto questo ha concorso la produzione televisiva, che si è adattata ai cambiamenti in atto nella società dando vita a produzioni di alto livello qualitativo, le quali a loro volta, anziché allontanarsi dalla 'complessità', l'hanno trasformata nella loro caratteristica distintiva, arrivando a dimostrare come l'assunto che considerava il pubblico televisivo esclusivamente alla ricerca di evasione e intrattenimento fosse sostanzialmente falso, in quanto mera imposizione dei modelli commerciali di mercato. Lo sviluppo delle serie televisive 'hight concept' ha dimostrato esattamente il contrario: esisteva una larga 'fetta' di pubblico sostanzialmente ignorata dalla tv commerciale. Ecco da dove deriva il successo di 'Netflix'. E cosa sta spingendo altri giganti del web, come per esempio Amazon, ad allargare il proprio business nel settore televisivo. Appare evidente che il modello narrativo delle serie tv, a lungo giudicato - a destra come a sinistra - una produzione artistica di serie 'B', non possa più essere considerato un fenomeno di 'nicchia', ma rappresenti il futuro stesso del mezzo televisivo. 'Storytelling' e 'transmedialità', uniti a creatività, libertà espressiva e sviluppo di codici comunicativi mai prima d'ora esplorati all'interno dell'angusto ambito televisivo, hanno fatto sì che anche la televisione tornasse a essere un dispositivo primario d'innovazione.

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Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)
(editoriale tratto dalla rivista mensile 'Periodico italiano magazine', n. 34 - dicembre 2017)

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Massimo - Roma - Mail - mercoledi 20 dicembre 2017 15.44
La principale mutazione oggi tra fruitori e multimedialità comunque, in special modo per quanto concerne la cultura del webfilm e la inversa conseguenzialità del rapporto: prima, il web narrava la realtà, ne era lo spyeye, anche voyeristico. Oggi assistiamo molto spesso anche allo spettatore che modifica la realtà per renderla fruibile, appetibile per il web. E così troviamo giovani, ma non solo, che commettono atti, o hanno atteggiamenti eclatanti, assurdi, paradossali, paranoici appetibili per il web. Non è più un orwelliano occhio che ci spia nostro malgrado, bensì siamo noi che scientemente gettiamo parossisticamente nell'occhio tutte le nostre assurdità. L'occhio da nostra spia e controllore è diventato un nostro necessario catalizzatore catartico.


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