Andrea TerminiPoche settimane fa, ci siamo recati in viaggio a Londra. E abbiamo potuto osservare il dramma quotidiano di molti italiani che lì risiedono e lavorano. Si sente molto spesso parlare di 'fuga dei cervelli', ma non si dice che, molto più spesso, a fuggire sono le 'braccia'. Su 100 immigrati italiani, 22 possiedono una laurea, 30 un diploma di scuola superiore e 48 soltanto la licenza di scuola media inferiore. L'80% circa dei lavoratori viene quindi ritenuto 'poco qualificato' dalle aziende. Moltissimi sono coloro che ricevono lo stipendio minimo stabilito per legge, ossia 7,50 sterline orarie. Ed è stato calcolato che, in una città come Londra, il salario minimo per vivere - e non semplicemente per sopravvivere - dovrebbe essere all'incirca di 2,25 sterline più alto, che significano 18 sterline in più per una giornata lavorativa di otto ore. Abbiamo passato un paio di notti in alcuni degli ostelli più economici della città e abbiamo potuto constatare che sono in molti a essere costretti a 'dormire' qui, perché una stanza in affitto sarebbe troppo costosa. Le condizioni sono piuttosto difficili e le liti all'ordine del giorno. Anche i piccoli episodi di criminalità sono molto diffusi: abbiamo infatti potuto assistere alla pianificazione del furto di una bicicletta da parte di un neanche ventenne pescarese che abbiamo conosciuto. Più che il gesto vero e proprio, è stato l'oggetto scelto a colpirci, poiché ci ha portato alla memoria il capolavoro del cinema neorealista di Vittorio De Sica, 'Ladri di biciclette': il ritratto di un'Italia di settant'anni fa, appena uscita dalle distruzioni, materiali e morali, del conflitto mondiale. Ma oggi, nel 2017, nell'ex centro economico di un'Europa sempre più lontana e in un Paese del 'primissimo mondo' colpisce l'assoluta banalità del gesto, che incarna la miseria, non soltanto monetaria, di molti nostri giovani connazionali 'mescolati' quasi per caso ad altri 8 milioni di volti a cercare chissà cosa e chissà dove. L'illusione di un 'Paese dei balocchi', dove si guadagni tanto, ci si diverta altrettanto per poi, un giorno, tornare in Italia da signori, in verità si dimostra una nazione in cui, anche dove esiste abbondanza, nulla è regalato. E recitare, una volta tanto, la parte dello straniero cattivo non può che far bene, in un momento storico in cui il nazionalismo sta cercando di rialzare la testa e nel quale, da una parte, si chiede di fermare gli sbarchi in Sicilia, mentre dall'altra ci si indigna se gli svizzeri blindano i loro confini rappresentando gli italiani nelle vesti della 'Banda Bassotti' sulle pagine dei loro quotidiani. In un mondo in cui gli inquisitori vengono innalzati a difensori della libertà non stupisce che alcuni Stati, come per esempio l'Australia, rendano ancor più difficile l'immigrazione, introducendo nuovi visti per spremere l'agrume 'lavoratore' e, dopo un paio d'anni, rispedirlo da dove è venuto, senza troppi complimenti. Il mercato del lavoro di domani sarà sempre più contraddistinto dalla mobilità rispetto a oggi. E la capacità di 'reinventarsi' sarà uno degli attributi più ricercati. Ma in questo, senza alcun dubbio, noi italiani siamo maestri.


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