Ilaria CordìViviamo in un Paese che non riesce nemmeno ad accordarsi su una legge che autorizzi il nostro diritto di poter scegliere come morire, dopo anni di lotta e di dolore, per una malattia o una disgrazia non voluta da noi stessi. E viviamo in un Paese nel quale si impiegano pochi giorni per farsi leggi 'ad personam' o una vita intera per leggi che servono seriamente. Viviamo in un Paese che non riconosciamo più come nostro. Grazie, Dj Fabo, che hai portato alla luce, con grande coraggio, come questa Italia faccia pena. E grazie per averci insegnato che si deve comunque lottare, anche per morire. Grazie, #DjFabo: ora sei libero.


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Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - mercoledi 8 marzo 2017 5.22
RISPOSTA AL SIG. SALERNO: ma perché lei mette sempre insieme cose diverse tra quelle che una persona le scrive, scusi? Si rende conto che il problema è che i miei lettori leggano che il signor Salerno nel discutere è persona sleale e in malafede e non soltanto quello che rispondo io? Lei dev'essere proprio un bel tipo, guardi: un tipo di criminale! Io ho parlato di Welby e del Dj Fabo come esempi di persone che necessitavano di una norma. E di quella sto parlando. Welby ed Eluana Englero chiedevano, e la corte di Appello di Milano, nel secondo caso, ha dato ragione all'appellante, la sospensione dei trattamenti medici che li mantenevano in vita, mentre Dj Fabo si è recato in un Paese diverso dal nostro, in quanto dotato di una norma che regola il suicidio assistito in determinati e specifici casi, non solamente se qualcuno vuole morire dall'oggi all'oggi: le è chiaro? Bisogna che ci siano una serie di requisiti: malati terminali o allo stato vegetativo, casi di invalidità permanenti molto gravi e così via. Il problema è la norma, che non c'è, ha capito? Non le stiamo dicendo che tutti debbano essere liberi di andarsi a gettare nel Tevere. E' stato lei, invece, a proporre il discorso di chi ha preso la patente auto solamente attraverso l'esame di pratica: non ne usciamo, se lei non si informa intorno a cosa stiamo parlando, dato che è lei a generare equivoci e confusioni dicendo che nei Pronto soccorsi, salvando la vita a una ragazzina che ha preso i calmanti di mammina per una delusione d'amore adolescenziale, si va contro la volontà individuale dell'adolescente. Lasci stare il piano pratico, per favore, che non c'è solo la pratica nella vita. In secondo luogo, lei apprende oggi che il presupposto ideologico del nazismo è razziale? E dove ha vissuto fino a oggi? Chiuso dentro a un armadio? Restando sull'esempio della patente auto, in quel film viene concessa un'eutanasia sulla base del presupposto che le persone colpite da determinate patologie siano esseri inferiori, a prescindere che chiedano loro di morire o meno: ha capito? E' come se dal codice della strada togliessimo una parte della segnaletica, dando per scontato che possiamo investire tranquillamente gli animali o quelle persone che non possono affrettarsi ad attraversare la strada: le è più chiaro così? Le piacerebbe un mondo così? No, vero? Beh, sappia che è esistito. E che il suo materialismo spicciolo, da persona schiacciata unicamente sul presente, la rende un pessimo cattolico, casomai lo fosse. Cordiali saluti. VL
Giorgio Salerno - Roma - Mail - mercoledi 8 marzo 2017 3.54
Egregio Direttore, lei vorrebbe convincere i suoi lettori che le vicende di Welbi e del Dj Fabo (che poi sono gli unici due casi concreti citati nell’articolo e nella discussione) non siano suicidi assistiti, ma “direttive anticipate di trattamento”?
Non mi rimane che applicarmi, leggere ed informarmi bene come lei mi consiglia caldamente, perché allo stato attuale delle mie conoscenze, questa sua argomentazione mi risulta piuttosto ostica alla comprensione.

Pronto ad imparare, apprendo da lei che il razzismo era uno dei presupposti ideologici del Nazismo. Ma in quel film non vi è alcuna traccia di razzismo e lei che non l’ha visto mi dovrebbe credere sulla parola (mi sa però che non lo farà…) Io però, fossi nei vostri panni, cercherei di capire da cosa possa nascere la quasi totale coincidenza, parola per parola, tra loro e voi sull’argomento fine vita.
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - mercoledi 8 marzo 2017 2.7
RISPOSTA AL SIG. SALERNO: carissimo, faccio il giornalista, che non è un impiego alle Poste e Telegrafi, dunque non ho orari. A dire il vero non dormo nemmeno, ma non si tratta di insonnia. In secondo luogo, lei continua a confondere le direttive anticipate di trattamento come una previsione di suicidio. E noi continuiamo a dirle che la fattispecie è giuridicamente, tecnicamente e persino medicalmente diversa: fino a quando non comprenderà di dover effettuare, esattamente in questo punto, un'opportuna distinzione, noi continueremo a dirle che lei non opera distinzioni e che, dunque, ciò di cui parla è totalmente confuso e distorto. In terzo luogo, lei può venire a citarci tutte le pellicole che vuole, ma ciò non toglie che il presupposto ideologico del nazismo fosse razziale. RAZZIALE, ha capito? C'era una razza superiore, gli ariani discendenti dalle divinità nordiche e poi c'erano tutti gli altri. Hitler redasse addirittura una classifica, una volta, giudicando genericamente tutti gli altri popoli. E pochi sanno che in fondo a questa classifica non c'erano nemmeno gli Ebrei, bensì gli slavi, che questo brav'uomo austriaco giudicava popoli da ridurre in schiavitù. Paragonare il testamento biologico e le direttive anticipate di fine vita alle teorie di criminali che teorizzavano l'eugenetica significa non avere ancora nemmeno capito di cosa si sta parlando. Le mancano una serie di passaggi, di limiti e di 'paletti' che non vengono citati, nei giornali e nei dibattiti, poiché dati per scontati persino da chi si oppone. Noi stessi di Laici.it abbiamo trattato la tematica sin dai primi anni duemila. E nel nostro archivio può andarsi a leggere le interviste alla giornalista Cinzia Caporale, a mia firma, e altri documenti importantissimi, a noi rilasciati di prima mano dal Comitato nazionale di bioetica. Documenti che, da più di 10 anni, delimitano il campo applicativo di ogni eventuale o ipotetico testo normativo. Il dibattito è in corso da più di dieci anni e lei è ancora fermo a 'carissimo amico'. Pertanto, carisismo amico, le consiglio di leggere e informarsi bene di cosa si parla, dato che si tratta di una tematica indubbiamente delicata, che si pone sui confini più avanzati di ogni moderno principio di libertà individuale. Cordiali saluti. VL
Roberto - Roma - Mail - martedi 7 marzo 2017 7.25
Meno male che c'è un po' di dibattito, da queste parti, che era un periodo che qui non si discuteva più. E meno male che c'è questo signor Salerno a fare un po' di casino, che in Italia non ce ne é mai abbastanza. Un paese che sembra una 500 "scassata" con i freni di un treno rapido ad alta velocità. Due passi in avanti e uno indietro, così procede la storia qui da noi.
Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - martedi 7 marzo 2017 6.42
RISPOSTA AL SIG. SALERNO: gentile signor Salerno, come in altre occasioni, lei propone le sue argomentazioni fornendo lei stesso degli esempi ipotetici e distorti, basati su eccessi totalmente opposti. Una norma giuridica è generale e astratta, ma non può certo porre fattispecie giuridiche diverse sul medesimo piano. Dunque è lei, scusi se insisto, a depistare ogni possibilità di dialogo, per insultarci e paragonarci a un gruppo di criminali che eliminavano malati e disabili CONTRO la loro volontà, non certo concedendo un diritto di autodeterminazione indivduale. Probabilmente, lei ritiene che la confusione possa essere utile alla causa di chi vuole continuare a imporre un modo unico di concepire la società. Ma le assicuro che la gente è ormai stanca di questi modi irrazionali di vedere il mondo, frutto di concezioni colpevoliste e di una sfiducia nei confronti del singolo individuo praticamente assoluta. Ma il tempo, seppur lentamente, giorno dopo giorno sgombra molte nubi dalla mente dei cittadini. E' dunque inutile proseguire ulteriormente la discussione, che risulterebbe soggetta a variabili che lei è sempre pronto a modificare pur di accusare sempre e solamente gli altri. Poiché è lei a cambiare le 'carte in tavola', quando il gioco non volge a favore delle sue tesi. E sono sempre e solamente gli altri a essere persone senza scrupoli. E' lei a prospettare alvei giuridici talmente ampi da porre ogni tipologia di fine vita sullo stesso piano. Anche rispetto a chi per propria volontà, come nei casi di Piergiorgio Welby e dello stesso Dj Fabo, chiedevano un termine alla loro condizione di dolore, fisico e psicologico, non più sopportabile. E' lei a mettere insieme le mele con le pere, dimostrando una considerazione plumbea e totalmente pessimista nei confronti del prossimo. Cos'altro possiamo risponderle noialtri? Che dormiamo con un mitra sotto al cuscino? Oppure che siamo degli estremisti rivoluzionari? Ce lo dica lei direttamente, che così facciamo prima, non crede? Noi accettiamo il suo punto di vista: lei non è d'accordo e amen. Non si può concedere nulla al singolo individuo, poiché egli è oggetto della volontà divina, oppure di quella altrui, trascendente e assoluta. Per lei, in mezzo non ci sono 'paletti' di alcun genere e tipo, non ci sono categorizzazioni, non c'è nulla insomma: lo abbiamo capito anche in altri suoi interventi, che noi giudichiamo, come al solito, strumentali e malposti. Un dialogo tra sordi non è possibile, dunque non insista ulteriormente, che non siamo così laici e liberali da decidere di praticare il cattolicesimo tridentino. Abbiamo dei limiti anche noi, mi creda. Grazie infinite. VL
Giorgio Salerno - Roma - Mail - lunedi 6 marzo 2017 17.32
Gentile Ilaria, penso anch’io che sia utile parlare di una questione così delicata per riflettere insieme. A me sembra, e non se l’abbia a male, che il suo argomentare proceda in modo un po’ bizantino. Non possiamo aggirare la sgradevole parola “suicidio” con un giro di parole che alla fin fine hanno il medesimo significato. In fondo lei riafferma in modo inequivocabile che (la sto citando): «… la vita è della persona che la vive, se quest'ultima sceglie di portarla a conclusione è mio/suo/NOSTRO diritto decidere.» Allora, il mio ipotetico figlio aspirante suicida non fa altro che esercitare il suo diritto da lei così chiaramente riconosciutogli.
Non faccio finta di non intendere la precisazione che lei ha voluto premettere e che la porta a definire «una vita che non era definibile VITA». Secondo me siamo davanti ad un bivio logico: 1) o il diritto di “scegliere di portare a conclusione la propria vita”, si basa sull’assoluta libertà di disporre di sé stessi, o 2) sull’ipotesi che sia possibile definire per legge quello che lei chiama “VITA”. Nessuno dei due criteri è sufficiente: il primo viene reso vano dal mio controesempio; il secondo, e MI DISPIACE RICORRERE A QUESTO PARAGONE, MA NON SE NE PUO’ FARE A MENO, si muove sul glorioso solco hitleriano nei confronti dei malati terminali, dei malati mentali, degli zingari e di altre categorie inutili o semplicemente malviste (ovviamente, non ultimi, degli ebrei).
Infine, non possiamo risolvere il problema utilizzando contemporaneamente ambedue i nostri criteri: due errori non potranno che fare un errore al quadrato.
Ilaria Cordì - Civitavecchia - Mail - lunedi 6 marzo 2017 11.30
Buorngiorno Sig. Giorgio. Innanzitutto la ringrazio per il commento lasciato e per aver detto la sua in merito ad una questione così delicata. Deve sapere che non era assolutamente mia intenzione 'dettare legge' riguardo tale argomento, poichè è un problema prettamente soggettivo. Ciò che io esprimo con estremo ed elevato rancore nei confronti della nostra società è che nel 2017 ancora non esiste una legge che rispetti la volontà di un malato (terminale) di concludere le proprie sofferenze. L'esempio da lei riportato nelle righe del commento è differente: decidere di finire la propria vita con 'la testa nel forno' sul vocabolario è sinonimo di SUIDICIO. Mi sento quindi in obbligo di precisarle che (buon anima) di Dj Fabo non aveva ALCUNA INTENZIONE di morire, ma il destino o un Dio lo ha portato a condurre, per un tragico incidente, una vita che non era definibile VITA. Quindi, in conclusione, la vita è della persona che la vive, se quest'ultima sceglie di portarla a coclusione è mio/suo/NOSTRO diritto decidere. Spero di essere stata abbastanza chiara, ricordandole che non è e non sarà mai mia intenzione dare consigli su come gestire il vostro essere, ma sono una giornalista pubblicista e lavoro per questa testata che lei legge ed è quindi mio dovere e piacere INFORMARVI E FARVI RIFLETTERE. La ringrazio e le auguro di iniziare la settimana nel migliore dei modi. Ilaria Cordì - Laici.it
Giorgio Salerno - Roma - Mail - domenica 5 marzo 2017 17.54
Non credo di sbagliarmi nel dire che secondo lei ognuno debba avere il diritto di scegliere quando e come morire e che a tutti noi sia d’obbligo il rispetto di tale libertà nei confronti di chiunque, una volta che la sua volontà sia stata espressa in modo non equivoco. Non riesco ad essere d’accordo con lei perché non riesco ad accettare una conseguenza stringente.
Quel che riteniamo giusto nei confronti di tutti, diventa ancor più vincolante nei confronti delle persone a noi care e verso le quali abbiamo i maggiori obblighi. Di conseguenza, se per ipotesi, io tornando a casa trovassi mio figlio con la testa nel forno (quello a gas, naturalmente) e già privo di sensi, non dovrei assolutamente provare a salvarlo. Infatti non possono esserci dubbi su quale sia la sua volontà, espressa nel più chiaro dei modi, ed io, secondo i suoi principi, avrei l’obbligo di rispettarla. Per essere ancora più precisi, dovrei accertarmi che il rubinetto del gas sia ben aperto e magari farei bene a sigillare meglio porte e finestre.


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