Serena Di GiovanniSono trascorsi tre anni precisi da quel famoso 13 febbraio 2014 in cui la direzione nazionale del Pd sfiduciò il Governo di Enrico Letta, dando inizio all'esperienza di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. E dopo 3 anni, il panorama politico italiano non è mai stato così nebuloso e incerto, tanto da rendere ardua una proiezione futura sulle sorti del Paese. Prima, l’ex sindaco di Firenze ha ‘fatto fuori’ un suo compagno di Partito; poi si è fatto fuori da solo, lasciando momentaneamente il ‘timone’ al mite Paolo Gentiloni, che si è trovato una gran ‘patata bollente’ (non quella della Raggi, tanto per sdrammatizzare l’indecente titolo che le ha dedicato ‘Libero’) fra le mani. La vera ‘patata bollente’ è infatti quella di un Paese stravolto, stanco, sfiduciato, dove il Pil è fermo al +0,9% e dove la crescita è stabile, ma modesta, a causa delle tante ‘debolezze strutturali’ determinate dall’incertezza politica, dagli scandali bancari (vedi la vicenda del Monte dei Paschi di Siena) e, soprattutto, dalla corruzione. Il ‘Corruption Perceptions Index’ pubblicato qualche giorno fa da Transparency International ha infatti confermato il nostro triste primato nel settore, laddove in Europa solo la Grecia e la Bulgaria starebbero peggio di noi. La cosa sconvolgente e paradossale, però, è che l’Italia, rispetto all’anno precedente, avrebbe addirittura migliorato il suo posto in classifica, ma non abbastanza da farle evitare lo scandaloso terzo posto. Se, da un lato, la diseguaglianza economica ha alimentato, qui da noi, continui episodi di corruzione, dall’altro questi hanno minato la fiducia popolare nella politica tradizionale, facendo emergere nuovi orizzonti ‘populisti’ come il M5S. Un movimento che, tuttavia, con la recente vicenda del sindaco di Roma, Virginia Raggi, sotto inchiesta per il caso Marra e alcuni episodi poco chiari ancora da verificare, è rimasto ‘offuscato’ in quell’immagine di trasparenza di cui si fregiava, accrescendo nel Paese, come se già non bastasse, il senso di sfiducia e sperdimento generale. Considerata l’odierna situazione politica, le elezioni sembrerebbero, quindi, essere 'alle porte', nonostante, sotto un profilo di ‘dottrina’ giuridico-costituzionale, esse non siano ‘necessarie’ sino al febbraio del 2018. Ma anche introno a questo punto, qualcosa dovrà cambiare sicuramente, come si è appreso dalla sentenza della Corte costituzionale dello scorso mese di gennaio, che ha giudicato parzialmente illegale la legge elettorale nota come ‘Italicum’, dal soprannome che le diede nel 2014, lo stesso Matteo Renzi, suo principale promotore con l'appoggio, fino a fine gennaio 2015, anche di Forza Italia di Silvio Berlusconi, con il quale aveva stretto il ‘Patto del Nazareno’. A questo proposito, ciò che più si teme sono le nefaste profezie della stampa internazionale sull’evoluzione politica del nostro Paese dopo le prossime elezioni politiche. Quando, cioè, l’Italia passerà definitivamente dalla 'padella' nella 'brace'. Ci riferiamo, in particolare, alle pagine del ‘Financial Times’, il quale ha paventato un futuro Governo di coalizione ‘debole’, caratterizzato da ‘accoppiamenti spaventevoli’, incapace di realizzare ‘riforme aggressive’ per il miglioramento del Paese. L'incostituzionalità del ballottaggio tra le due liste che prendono più voti farà in modo, infatti, che le prossime elezioni si svolgano in unico turno, mantenendo però il premio di maggioranza, pari a 340 seggi, a favore della forza politica che dovesse raggiungere il 40% dei suffragi. A giudicare dai sondaggi e dalle nostre percezioni quotidiane, le due forze che hanno maggiore possibilità di contendersi il Paese, il Pd di Matteo Renzi e il M5S di Beppe Grillo, difficilmente raggiungeranno quel 40% e il risultato sarà, verosimilmente, una ‘grande coalizione’ basata sull’alleanza tra Partiti politici. Una coalizione assolutamente instabile e fragile, basata su legami di ‘convenienza’, in cui ciascuna delle due controparti tenderà a dubitare della buona fede dell’altra. Ad ogni modo, la decisione di anticipare le elezioni dipenderà dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. E bisognerà capire se questi preferirà mantenere una certa stabilità del Paese, trattenendo Gentiloni fino al 2018, o se preferirà ascoltare le ‘grida al rinnovamento’ dei leader di M5S, Lega Nord e dello stesso Matteo Renzi. Il quale, ricordando un vecchio adagio italiano, è ‘uscito dalla porta, per tentare di rientrare dalla finestra’, magari vincendo le prossime elezioni politiche per assenza di ‘concorrenti credibili’. Infatti, non solo l’ex premier non ha mai avuto intenzione di defilarsi dal panorama politico italiano, ma proprio in questi giorni ha gettato il guanto di sfida ai suoi stessi compagni di Partito, aprendo l'ennesima lotta intestina per la leadership del Pd. Staremo a vedere.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio