Silvia MattinaLa 'preview' di alcune settimane fa, tenutasi presso la Cappella Orsini di Roma, ex luogo di culto di una delle famiglie più potenti della capitale, è stata l'occasione per presentare la nuova ricerca di due giovani menti creative, come il regista Alessandro Di Murro e l'interprete Pamela Massi, dal titolo 'Paris, Je t'aime', spettacolo prodotto dal Gruppo della Creta e realizzato presso la Residenza artistica nazionale 'Centro Jobel', con il contributo del ministero per i Beni, le Attività culturali e il Turismo e della Regione Lazio. Ci sarà una ragione per cui molti famosi artisti, poeti, scrittori e musicisti trovano nella capitale francese, Parigi, la propria ispirazione e, talvolta, l'amore? A questa e ad altre domande, Pamela, una trentenne, prova a interrogarsi conducendo lo spettatore all'interno della rete degli 'arrondissements', nonché proiettando nella città il proprio passato affettivo, tra incanto e disincanto. Le indubbie doti canore e il perfetto accento francese di Pamela, in un 'monologo/dialogo' con il muto e abile pianista Fabio Parodi, contribuiscono a immergere l'atmosfera nella tipica rappresentazione teatrale del 'café-concert' quale poteva essere quella ritratta da Edgar Degas agli 'Ambassadeurs' (1877). Dall'inizio alla fine, la musica è il filo conduttore della vicenda interiore della protagonista, che ripercorre in parallelo i suoi uomini passati e le grandi canzoni della storia francese, da Edith Piaf a Charles Aznavour, alla ricerca di nuovo modo di comunicare l'amore. Il rischio di passare nel tunnel della depressione è forte, quanto i tentativi della ragazza di non cadere preda dei meccanismi del vittimismo e dell'anaffettività, nel vivere le emozioni e mettersi ancora in gioco. Nella prima parte del racconto, Pamela affannosamente si scaglia contro 'Un uomo per tanti uomini, un pianoforte per tanta musica'. E sembra chiara, sin da subito, l'impossibilità di arrivare a un'unica soluzione del suo 'mal d'amore', tra abbandoni, tradimenti e storie deludenti. Come frammenti di uno specchio rotto, la ragazza cerca di ricostruire il proprio passato, che è insieme presente e futuro, servendosi di 'una cartina per due città'. L'enorme mappa sulla parete è funzionale allo sforzo di porre ordine nella propria esistenza. E, tassello dopo tassello, si collocano amanti e situazioni, immortalati dalle fotografie che, mitizzandoli, ne fissano la propria 'atemporalità emozionale'. All'apparente semplicità della riflessione sulla relazione tra uomo e donna, fa eco l'incapacità, per la generazione dei trentenni di oggi, di accogliere l'amore per l'altra persona, in un vissuto di dolore e frustrazioni reiterate nel tempo. L'immagine del 'triangolo, quadrato e cerchio', che restituisce l'attrice lungo tutto il corso della performance, fa riferimento alla manifestazione del sentimento sacro e profano: il triangolo è quello amoroso, ma anche 'triade sacra'; il quadrato indica una situazione di stallo nel rapporto, ma anche lo stato di mediocrità dell'uomo; infine, il cerchio, personificazione del cielo e della volta stellata, allo stesso tempo si rifà alla ciclicità della parabola amorosa. Parigi profana e Roma sacra si avvicendano e si contrappongono, tra monumenti memorabili quali Notre Dame o San Pietro e storie ironiche, a tratti drammatiche, consumate sotto la Toure Eiffel, gli Champs-Elyseé e Montmartre, Trastevere e la stazione Tiburtina, con in comune un elemento preciso: raccontare un incontro romantico e malinconico. 'Paris, Je t'aime' è dunque la storia di un innamoramento e di un confronto tra due città, entrambe luoghi di vita e d'amore. Tuttavia, lo spettacolo non si basa solo su un riconoscimento affettivo, bensì diviene l'occasione per portare in scena, nostalgicamente, i protagonisti di quell'età favolosa della 'nouvelle vague'. Riecheggiano i versi di Prevert e le pennellate di Cezanne, come fotogrammi di un viaggio mentale nella capitale dell'amore, che fa sognare il pubblico quel tanto che serve da far dimenticare lo stress, l'ansia e il logorio della vita quotidiana. Dopo la felice esperienza del 'Roma Fringe Festival 2016', in cui l'intero 'Gruppo della Creta' ha ottenuto la menzione speciale proprio della testata 'Laici.it' per "alti meriti poetici", Di Murro dimostra ancora una volta di essere un equilibrista tra la tradizione, il lavoro di studio e la sperimentazione, alla ricerca di nuovi e inediti spunti di riflessione sul mondo dei giovani d'oggi. Il finale riporta la protagonista sulla Terra. E la canzone francese assume un nuovo ruolo: non è importante rimpiangere il passato, ma ripiegarsi su se stessi per capire come approcciare il nostro 'Io' al mutare degli eventi esterni. Il fascino di Pamela per la Ville Lumière ricorda l'immaginario di fascinazione portato avanti da Woody Allen lungo tutta la sua carriera cinematografica. Un sentimento che ha il suo 'climax' nella Parigi della 'Belle Epoque' rappresentata in 'Midnight in Paris' del 2011. Altri grandi registi, per lo più stranieri, hanno voluto esprimere la passione per la città dell'amore, in cui le diversità vanno a sfatare i luoghi comuni per diventare tanti racconti, come i diciotto episodi del film collettivo 'Paris, Je t'aime', presentato al Festival di Cannes nel 2006. Infine, la contrapposizione tra le due città e il carattere autobiografico delle vicende ricordano, nella stesura drammaturgica e nei diversi registri utilizzati, il più noto 'Crepapelle' della bravissima Maria Cassi. Infine, 'Paris, je t'aime' s'inserisce all'interno del progetto 'Residenza artistica nazionale Centro Jobel' e va ad arricchire la ricca programmazione multidisciplinare delle 'Residenze 2016'  per il Mibact e la Regione Lazio.

Paris, Je t'aime
Scritto e diretto da: Alessandro Di Murro
Con: Pamela Massi
Pianoforte: Fabio Parodi
Direzione musicale: Enrico Blatti





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