Michela ZanarellaIn Italia, 340 mila minori sono vittime di tratta e sfruttamento. Un primato in negativo e un fenomeno in crescita, che deve essere affrontato con progetti concreti contro la dispersione scolastica, evitando l'impiego dei piccoli in attività pericolose. I numeri presentati da 'Save the children' e dall'organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite mostrano un quadro angosciante per tanti adolescenti, costretti a lasciare la scuola e a svolgere incarichi poco sicuri e rischiosi per la propria salute. Nel mondo sono 150 milioni i bambini tra i 5 e i 14 anni costantemente sfruttati, in particolare nei paesi in via di sviluppo. La più alta percentuale di bimbi lavoratori si trova nell'Africa subsahariana; il 25% in Asia meridionale; il 12% svolge mansioni dannose nelle aree più povere; 1 su 4 viene indotto, già in tenera età, a faticose attività. Sono le multinazionali a impiegare i minori nelle piantagioni, dal cacao ad altre materie prime. Ed esiste una e vera propria 'tratta'. Per non parlare del settore dei cellulari e dei computer, oppure alle grandi 'catene' di abbigliamento. Senza riposo, coinvolti in occupazioni spesso illegali, anche nel nostro Paese sono quasi 30 mila i minori costretti ad allontanarsi dallo studio e a vivere la forma più dura di lavoro, in condizioni al limite della dignità. Per 1 su 10 la realtà è piuttosto pesante: non c'è spazio per il gioco o il divertimento. E anche se la legge italiana ha fissato a 16 anni l'età minima per accedere al mondo del lavoro, continua a crescere la cifra di chi vi entra molto prima. La ricerca 'Game over', condotta da 'Save the children', registra un 'picco' tra gli adolescenti: il 7% ha tra i 7 e i 15 anni. Ma è nella fase di passaggio dalle scuole medie alle superiori che l'Italia si trova sul 'vergonoso podio' in Europa per l'elevato tasso di abbandono dell'istruzione. Nel 44,9% dei casi, i minori sono impegnati nelle piccole aziende di famiglia; il 43% nella ristorazione; il 20% in campagna. Senza sosta, il più delle volte in 'nero': ore ed ore nelle fabbriche, in miniera, nei campi. Nelle zone più disagiate del mondo si arriva alla schiavitù, al traffico di stupefacenti, alla prostituzione, all'arruolamento come soldati nelle milizie. Dati preoccupanti, che tendono a non dare segni di miglioramento alcuno. Anzi, con la perdurante crisi economica rischiano solamente di peggiorare. E' indispensabile agire in tempi rapidi, per interrompere il flusso di disaffezione alla scuola. Servono piani di sostegno per garantire adeguati percorsi di formazione individuale, nel rispetto dei diritti umani. Questo grave problema sociale, economico e umano porta alla luce come il tasso di povertà ed esclusione minorile, in Italia, sia quasi doppio rispetto alla popolazione generale: i dati Istat indicano un 10% contro il 5,7%, valore aumentato, tra il 2013 e il 2014, di uno 0,1% rispetto alla media europea, riconfermandone l'alta incidenza: 17% contro il 13% dei Paesi Ocse. Un'indagine 'Datanalysis' evidenzia la triste piaga che appartiene alla nostra società, dove tanti adolescenti, con l'assenso di mamma e papà, escono di casa ogni mattina per contribuire al bilancio della famiglia. L'esordio precoce nel mondo del lavoro risulta addirittura 'naturale' per il 54% dei genitori. Ma lavorare prima dei 16 anni non può e non deve essere considerato nella norma. Anzi, non fa altro che provocare danni nel minore, sia a livello fisico, sia psicologico. Essere privati dell'infanzia può comprometterne il domani. Infatti, secondo un rapporto dell'Unicef, un bimbo forzato e obbligato a lavorare prima del tempo avrà il doppio delle difficoltà dei suoi coetanei e potrebbe rimanere ai margini. L'esercito di teen-agers 'at work' nel 'bel Paese' è composto da quasi 20 mila stranieri. Ma i piccoli italiani, da nord a sud, raggiungono quota 340 mila. Molti Governi hanno adottato delle norme internazionali per eliminare il lavoro minorile, ma questo fenomeno globale è fonte di reddito e, se da una parte si condanna, 'a parole', il fenomeno, dall'altra si continua a consentire il commercio di beni lavorati e prodotti da bambini ridotti in schiavitù. Bisogna affrontare l'emergenza non solo a parole, ma cercando di intervenire sulle cause dirette, lottando contro la povertà estrema e la fame, dando l'opportunità a questi piccoli di vivere in modo sicuro e sereno. E la scuola dovrebbe avere la priorità, sia nei Paesi in via di sviluppo, sia in quelli benestanti. E' proprio l'analisi effettuata dall'associazione 'Bruno Trentin' e da 'Save the children' ad approfondire e chiarire tutti questi aspetti nel volume 'Game over' edito da Ediesse. Un libro che porta a interrogarsi su una questione sommersa, attuale e sempre più diffusa, che necessita di politiche di rinnovamento per risolvere l'allarme. E' in gioco il nostro futuro. E non solo quello.


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