Paolo Spirito"Ho cominciato a comprare opere quando ho smesso con i libri. In tv guadagnavo 2 miliardi l'anno: li ho spesi tutti. Se avessi preso quanto Bonolis, mi sarei comprato il Louvre. Per uno storico dell'arte", aggiunge Vittorio Sgarbi, "il collezionismo è legato anche a un divertimento competitivo, per dimostrare che sai riconoscere un'opera e un artista prima degli altri. Un vero collezionista non avrà mai un Raffaello in casa, ma per un Bastianino può arrivare a uccidere". Un Vittorio Sgarbi in versione 'confidenziale', quello che al Bosco Parrasio di Roma, in Casa Carraro, lo scorso 5 dicembre 2015 presentò la mostra che si è poi inaugurata il 18 marzo di quest'anno a Palazzo Campana di Osimo, nelle Marche, dove per la prima volta in Italia sono esposte oltre cento opere della sua collezione: 'Lotto, Artemisia, Guercino: le stanze segrete di Vittorio Sgarbi', a cura di Pietro Di Natale, per ricordare la madre Rina Cavallini, recentemente scomparsa. Dal 18 marzo al 30 ottobre 2016, questa rassegna esclusiva, promossa da Regione Marche, comune di Osimo, Fondazione Don Carlo e Istituto Campana, espone, oltre a Gentileschi, anche opere di Cola dell'Amatrice, Lorenzo Lotto, Battista Franco, Andrea Lilio, il Sassoferrato, Pier Leone Ghezzi, Sebastiano Ceccarini, Giovan Battista Nini e Francesco Podesti, con voluta attenzione ai maestri di origine marchigiana. Per quanto 'rapsodica' e reticente, una collezione è una forma di autobiografia capace, per molti versi, di dirci quel che il suo proprietario ha voluto tacere. "Quanto ho speso nell'acquisto di opere d'arte? Davvero non saprei", ammette Sgarbi. "Ai tempi della lira, ero 'sotto' di due miliardi. Poi sono diventati due milioni di euro: ora ho perso il conto. Negli ultimi anni, mio padre ha scoperto una vocazione per la scrittura. Mia madre, che è sempre stata la figura più importante e, di fatto, l'uomo di casa, era invece rimasta un po' nell'ombra. E questa cosa spiaceva sia a me, sia a mia sorella, Elisabetta. Le avevo allora fatto scrivere una piccola introduzione al catalogo della mostra dedicata a opere della collezione 'Cavallini-Sgarbi', che nel nome celebra anche la figura di mio zio, il primo riferimento culturale 'decisivo' per me. Abbiamo portato una selezione di 42 opere in Spagna, a Burgos e a Càceres. E, ancora, a Città del Messico". Uno storico dell'arte autentico non si accontenta di studiare le 'carte': il suo collezionismo è ascrivibile a una forma di divertimento competitivo. Al contempo, è anche un modo di 'costruire' un testo di Storia dell'arte con le opere che ha acquistato. E senza tema di smentite, questo, almeno per noi, è indubbiamente il più bel libro d'arte ideato e scritto da Vittorio Sgarbi. Tra le opere esposte figurano pezzi da 'novanta', come il 'Ritratto di Francesco Righetti' del Guercino, che stava a Fort Worth; il Tiziano e il Sassoferrato, acquistati a Cleveland; o il Cagnacci, che ha provenienza 'newyorkese'; due ritratti del Lotto; due di Ribera; una Cleopatra di Artemisia Gentileschi e 'L'allegoria della pittura', del pesarese Simone Cantarini. Tra i minori, ampio spazio nella rassegna di Osimo ai marchigiani: dal 'manierista' Andrea Lilio, al 'caravaggista' Giovan Francesco Guerrieri. Senza dimenticare gli impuntamenti giovanili, come il conterraneo Bastianino e il corrusco Ferraù Fenzone. Oppure, passioni più recenti, come il medaglista urbinate Giambattista Nini. Come afferma il curatore della mostra, Piero Di Natale: "Il disegno costante che ha ispirato il creatore della raccolta, lo storico dell'arte e critico di fama internazionale, il professor Vittorio Sgarbi, è stata la ricerca della bellezza. Muovendosi tra le centinaia di opere riunite in trent'anni di intensa attività si rimane sorpresi dall'eterogeneità dell'insieme: una vera e propria summa dell'arte italiana, tra pittura e scultura, dal XIII° secolo ai giorni nostri. Questa attenta ricerca, frutto anche della collaborazione intensa e illuminante della madre, Rina Cavallini, è espressione del profondo amore del collezionista per la bellezza dell'Italia e della sua arte, che si manifesta in maniera esemplare attraverso le opere esposte". Se è vero che l'arte ha una funzione culturale, 'cultivatio animi', non è solo utile, ma anche necessaria nel percorso di ogni uomo. Una collezione d'arte privata come la 'Cavallini-Sgarbi' è dunque la fondazione di un sistema simbolico, la creazione di una palestra per l'anima, un luogo dove si materializzano scelte intime, meditate e, talvolta, sofferte. Un modo, oltretutto diretto, per conoscere le scelte estetiche dello storico e critico d'arte più noto e discusso dei nostri anni. Come lui stesso afferma: "La caccia ai quadri non ha regole, non ha obiettivi, non ha approdi, bensì è imprevedibile: non si trova quello che si cerca, si cerca quello che si trova. Talvolta, molto oltre il desiderio e le aspettative". Da questo insopprimibile 'input', strettamente connesso all'irrinunciabilità della bellezza e al profondo amore per la propria terra, da questo collezionismo "rapsodico, originale, che ambisce a rapporti esclusivi con le opere come persone viventi" è sorta, incontro dopo incontro, una vera e propria summa dell'arte italiana, tra pittura e scultura, dal XIII secolo ai giorni nostri: un raffinatissimo assortimento (e accanimento...) che riflette l'ampia e multiforme cultura di chi ha rintracciato, acquisito, studiato e collezionato i preziosi tasselli che lo compongono.


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