Michela ZanarellaViviamo in un Paese sicuro? Difficile poter dare una risposta corretta. Innanzitutto, bisogna partire dal fatto che esiste una criminalità reale e una percepita: da un lato, i crimini denunciati alla polizia e alle autorità giudiziarie; dall'altro, la dimensione psicologica, cioè quanto ci si sente tranquilli nella città in cui si vive, al di là del fatto di esser stati vittime o meno di un reato. Analizzando entrambi gli aspetti, è evidente che esista una relazione tra il senso di vulnerabilità e il dato effettivo. In regioni come Puglia, Campania e Umbria, il 'presagio' supera il reato vero e proprio. Secondo il 'rapporto Bes' dell'Istat, ultimamente sono cresciuti i reati contro il patrimonio, in particolare per effetto della crisi, mentre scendono gli omicidi, come emerge dai dati delle denunce dei cittadini alle Forze dell'ordine. Dal 2010, sono aumentati i reati da cui si può ottenere un guadagno come truffe, estorsioni, rapine, spaccio e usura, mentre sono in calo quelli a carattere non redditizio. Sono i furti in abitazione ad aver avuto un'impennata dal 2012, con un incremento del 40% rispetto al 2010 che, ripartito nella penisola, diventa un 30% in più nel biennio in esame per il Nord-ovest; un 52% d'incremento nelle isole; un 61% in più nel Nord-est. Anche borseggi e 'scippi' seguono lo stesso andamento, con una crescita del 28,6% e del 40,5% rispetto al 2010. In aumento anche le truffe e i delitti informatici denunciati, con un aumento del 21,2%. Solo i furti di veicoli non hanno subito grandi variazioni. Dal 2011 sono tornate a crescere le rapine, arrivando a quota 42.631 nel 2012: se analizziamo nel dettaglio quelle nelle abitazioni, esse sono aumentate del 22,1% tra il 2011 e il 2012. Anche le rapine in strada sono cresciute del 25,7% dal 2010, mentre quelle in banca mostrano un'inversione di tendenza, con un incremento piuttosto lieve del 5%. Le rapine in casa sono concentrate nelle isole e nel Nord-est, con un incremento dell'88,4% e del 69,7%. E' notevolmente ridotto il numero degli omicidi, anche se solo nella parte maschile e non sul versante femminile. In ogni caso, dal 2011 è scesa la percezione di sicurezza, in particolare per le donne, così come è cresciuto il 'sentore' di rischio in base alla città di residenza. In testa alla classifica per il numero di furti segnalati c'è Milano, con 7.800 denunce ogni 100 mila abitanti; a seguire, Bologna con 7.600; poi Roma, Torino, Firenze, Venezia, Rimini e Catania, con dati che si aggirano tra le 5 e 6 mila denunce. Il Nord-ovest è la zona più colpita. Non è un caso, visto che è l'area con maggiore ricchezza pro capite. Situazione opposta, invece, per le rapine, dove il sud guadagna le prime posizioni con città come Napoli, Bari, Palermo e ancora Catania. Fa eccezione, per il nord, Milano, che si ritrova terza città d'Italia per numero di denunce per rapina. Anche Torino non è da meno, in classifica nella parte settentrionale. Sul tema 'droga', le cifre mostrano una situazione molto particolare, con incidenze molto simili tra nord, sud e isole. Ma è il centro, in questo caso, con Bologna e Firenze a emergere particolarmente. Bassissimi, stranamente, i dati di Napoli. Resta il fatto che più si aggrava il reato, più si manifesta l'incidenza nel meridione, dove per esempio gli omicidi risultano doppi rispetto al Nord-ovest e quattro volte superiori al Nord-est. Numeri che possono spaventare, ma che invece mostrano una realtà tutto sommato 'sotto controllo': l'Italia ha il valore più basso d'Europa. La città con il più alto tasso di reati è Milano, mentre la più sicura è Oristano. La sicurezza delle città italiane si presenta in modo oscillante, a seconda dell'imputazione, anche se la situazione è abbastanza stabile: se, da un lato, aumentano le denunce per furto, dall'altro scendono quelle per omicidio. C'è da tenere in considerazione il fatto che i dati si basano non sui reali fatti commessi, ma sulle denunce effettuate. Quindi, non è così semplice tracciare un quadro perfetto. Anzi, ci sono grossi limiti di valutazione e bisogna fare attenzione, perché alcuni reati minori non sempre vengono denunciati: mancano informazioni precise e non si può lavorare sul pressappochismo o sulle probabilità. Spesso non si ricorre alle Forze dell'ordine, perché denunciare può risultare inutile. C'è una sorta di mancanza di fiducia, di sensazione d'inutilità dell'intervento, perché chi viene arrestato, il più delle volte viene lasciato libero subito dopo, senza alcuna pena. Un altro fattore che induce a non richiedere l'azione della polizia è la vergogna, soprattutto quando si è vittime di maltrattamenti o violenze sessuali: non sempre si ha la forza e il coraggio di raccontare cosa è successo. Si preferisce non parlarne. Tutte queste ragioni vanno a incidere notevolmente sulla raccolta dei dati nelle statistiche, che debbono essere aggiornate costantemente, tenendo presente le diverse variabili. Manca una strategia efficace per potenziare la valutazione della sicurezza nel 'Belpaese', al fine di intervenire anche sul senso di vulnerabilità per tutelare il benessere individuale e collettivo. Misurare il danno psicologico ed economico che produce la criminalità comune potrebbe essere un indicatore più preciso per conoscere i costi diretti ed indiretti provocati: è un altro metodo per intuire come vanno le cose sul territorio. L'insicurezza ha diverse facce. E la paura della criminalità è sintomo di una fragilità sociale, che agisce di riflesso sulla complicata gestione del quotidiano. Un processo di analisi accurato dovrebbe offrire molteplici spunti di riflessione. E alzare la soglia di attenzione verso una realtà così frammentata.


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