Viviamo in un Paese sicuro? Difficile poter dare una risposta corretta. Innanzitutto, bisogna partire dal fatto che esiste una
criminalità reale e una
percepita: da un lato, i
crimini denunciati alla polizia e alle autorità giudiziarie; dall'altro, la
dimensione psicologica, cioè quanto ci si sente tranquilli nella città in cui si vive, al di là del fatto di esser stati vittime o meno di un reato. Analizzando entrambi gli aspetti, è evidente che esista una relazione tra il senso di
vulnerabilità e il
dato effettivo. In regioni come
Puglia, Campania e
Umbria, il
'presagio' supera il
reato vero e proprio. Secondo il
'rapporto Bes' dell'Istat, ultimamente sono cresciuti i
reati contro il patrimonio, in particolare per effetto della crisi, mentre
scendono gli omicidi, come emerge dai dati delle denunce dei cittadini alle
Forze dell'ordine. Dal
2010, sono aumentati i reati da cui si può ottenere un guadagno come
truffe, estorsioni, rapine, spaccio e
usura, mentre sono in calo quelli a carattere non redditizio. Sono i
furti in abitazione ad aver avuto
un'impennata dal
2012, con un incremento del
40% rispetto al
2010 che, ripartito nella penisola, diventa un
30% in più nel biennio in esame per il
Nord-ovest; un
52% d'incremento nelle
isole; un
61% in più nel
Nord-est. Anche
borseggi e
'scippi' seguono lo stesso andamento, con una crescita del
28,6% e del
40,5% rispetto al
2010. In aumento anche le
truffe e i
delitti informatici denunciati, con un aumento del
21,2%. Solo i
furti di veicoli non hanno subito grandi variazioni. Dal
2011 sono tornate a crescere le
rapine, arrivando a quota
42.631 nel
2012: se analizziamo nel dettaglio quelle
nelle abitazioni, esse sono aumentate del
22,1% tra il
2011 e il
2012. Anche le
rapine in strada sono cresciute del
25,7% dal
2010, mentre quelle in
banca mostrano un'inversione di tendenza, con un incremento piuttosto lieve del
5%. Le
rapine in casa sono concentrate nelle
isole e nel
Nord-est, con un incremento
dell'88,4% e del
69,7%. E' notevolmente ridotto il numero degli
omicidi, anche se solo nella parte
maschile e non sul versante
femminile. In ogni caso, dal
2011 è scesa la
percezione di sicurezza, in particolare per le
donne, così come è cresciuto il
'sentore' di rischio in base alla città di residenza. In testa alla classifica per il numero di furti segnalati c'è
Milano, con
7.800 denunce ogni
100 mila abitanti; a seguire,
Bologna con
7.600; poi
Roma, Torino, Firenze, Venezia, Rimini e
Catania, con dati che si aggirano tra le
5 e
6 mila denunce. Il
Nord-ovest è la zona più colpita. Non è un caso, visto che è l'area con maggiore ricchezza pro capite. Situazione opposta, invece, per le
rapine, dove il
sud guadagna le prime posizioni con città come
Napoli, Bari,
Palermo e ancora
Catania. Fa eccezione, per il nord,
Milano, che si ritrova terza città d'Italia per numero di denunce per
rapina. Anche
Torino non è da meno, in classifica nella parte settentrionale. Sul tema
'droga', le cifre mostrano una situazione molto particolare, con incidenze molto simili tra
nord, sud e
isole. Ma è il
centro, in questo caso, con
Bologna e
Firenze a emergere particolarmente. Bassissimi, stranamente, i dati di
Napoli. Resta il fatto che più si aggrava il reato, più si manifesta
l'incidenza nel meridione, dove per esempio gli
omicidi risultano
doppi rispetto al
Nord-ovest e
quattro volte superiori al
Nord-est. Numeri che possono spaventare, ma che invece mostrano una realtà tutto sommato
'sotto controllo': l'Italia ha il valore
più basso d'Europa. La città con il più alto tasso di reati è
Milano, mentre la più sicura è
Oristano. La sicurezza delle città italiane si presenta in modo oscillante, a seconda dell'imputazione, anche se la situazione è abbastanza stabile: se, da un lato, aumentano le denunce per
furto, dall'altro scendono quelle per
omicidio. C'è da tenere in considerazione il fatto che i dati si basano non sui
reali fatti commessi, ma sulle
denunce effettuate. Quindi, non è così semplice tracciare un quadro perfetto. Anzi, ci sono grossi
limiti di valutazione e bisogna fare attenzione, perché alcuni reati minori non sempre vengono denunciati: mancano informazioni precise e non si può lavorare sul
pressappochismo o sulle
probabilità. Spesso non si ricorre alle
Forze dell'ordine, perché denunciare può risultare
inutile. C'è una sorta di mancanza di fiducia, di sensazione
d'inutilità dell'intervento, perché chi viene arrestato, il più delle volte viene
lasciato libero subito dopo, senza alcuna pena. Un altro fattore che induce a non richiedere l'azione della polizia è
la vergogna, soprattutto quando si è vittime di
maltrattamenti o
violenze sessuali: non sempre si ha la forza e il coraggio di raccontare cosa è successo. Si preferisce
non parlarne. Tutte queste ragioni vanno a incidere notevolmente sulla raccolta dei
dati nelle statistiche, che debbono essere aggiornate costantemente, tenendo presente le diverse variabili. Manca una strategia efficace per potenziare la valutazione della sicurezza nel
'Belpaese', al fine di intervenire anche sul senso di vulnerabilità per tutelare il benessere individuale e collettivo. Misurare il danno psicologico ed economico che produce la criminalità comune potrebbe essere un indicatore più preciso per conoscere i costi diretti ed indiretti provocati: è un altro
metodo per intuire come vanno le cose sul territorio. L'insicurezza ha diverse facce. E la paura della criminalità è sintomo di una
fragilità sociale, che agisce di riflesso sulla complicata gestione del quotidiano. Un processo di analisi accurato dovrebbe offrire molteplici spunti di riflessione. E
alzare la soglia di attenzione verso una realtà così frammentata.