Ilaria Cordì"Siamo in ballo. E allora balliamo". Questo detto popolare, frase comune per gente comune, potrebbe essere uno dei moniti che si stanno accavallando nella 'testa medicea' del nostro presidente del Consiglio, Matteo Renzi. La bella stagione che "non sta per finire" (come cantava Rino Gaetano) ha appena spalancato le sue porte: ovviamente, non ci riferiamo ai futuri torridi mesi e alle vacanze estive, ma al cammino previsto per Renzi e la sua 'combriccola' governativa, che si dice pronta ad affrontare mesi non facili. Partiamo, dunque, dalle amministrative, che si stanno tenendo in questo periodo in molte città italiane. Pochi giorni fa, il 'nostro' ha chiuso la campagna elettorale del candidato a sindaco di Roma, Roberto Giachetti, con uno spettacolo di spessore comunicativo non indifferente, dal titolo: 'Matteo Renzi intervista Roberto Giachetti'. Un politico che intervistava un altro politico: fanno tutto da soli, ormai, questi qui. Insomma, il presidente del Consiglio - nonché segretario del Partito democratico - interloquiva con il 'pupillo' scelto per guidare la capitale d'Italia e, a un certo punto, ha confessato: "Giachetti ha detto: non si può fare un comizio. E allora sono qui da presidente del Consiglio, segretario del Pd e aspirante conduttore televisivo, per una chiacchierata a 360 gradi con lui". Concluso l'incontro, ha lasciato l'Auditorium di via della Conciliazione soddisfatto del risultato. Ma già poche ore dopo gli dev'essere venuta la 'paranoia' che, forse, Roma non indosserà più i 'colori' del Pd, poiché molti romani vedono in Giachetti il pericolo di un 'Marino bis'. E subito ha deciso di concentrarsi, nuovamente, sul referendum di ottobre, sperando, eventualmente, nei vari ballottaggi. Infatti, nell'ultimo giorno di campagna elettorale, mentre Virginia Raggi festeggiava in piazza del Popolo e Giorgia Meloni con i suoi fedelissimi, Renzi affermava, a Ravenna, ultima tappa del suo giro d'Italia: "Comunque vada, non mi riguarda. La campagna elettorale non è importante per il Governo: è importante per i sindaci. Per il Governo è molto importante il referendum e quello lo vinciamo". Un 'passetto' indietro, insomma, nel 'tango' politico 'renziano': un cambiamento radicale in poche ore. Paura? Ansia da prestazione? Teme il tradimento da parte di qualcuno? Non possiamo escluderlo. Il voto amministrativo ha anticipato di qualche mese le risposte e le reazioni a cui assisteremo nel prossimo mese di ottobre. La riforma costituzionale 'Renzi-Boschi', tra l'altro, verrà presto sottoposta al giudizio della stessa Corte Costituzionale, la quale dovrà analizzare i passaggi più controversi delle modifiche approvate. Ma lui ha continuato a ripetere a chiunque, anche a chi semplicemente gli chiedeva se desiderasse una 'spruzzata' di parmigiano sulla pastasciutta: "La vera partita del Governo non sono le amministrative". Che sia, questa, una forma di autoconvincimento? Un nuovo tipo di 'autoipnosi' regressiva? Ipotizziamo che l'Italia, a ottobre, dica 'No' alla riforma costituzionale: 'Renzi&Co.' dovranno lasciare le loro 'poltrone'. Una possibilità che, per molti ministri e sottosegretari, non comporta quasi nessun danno, almeno nell'immediato, ma che per il giovane premier potrebbe rappresentare un problema non di poco conto. Renzi, come sappiamo, è stato presidente della Provincia di Firenze dal 2004 al 2009, poi sindaco del capoluogo toscano fino al 2014, infine è diventato Segretario nazionale del Pd nel 2013: una 'carriera' tutta dedicata alla politica. Ma sebbene stimabile per questa vocazione alla res publica, simile a quella di Cicerone, nell'ipotesi plausibile che il suo esecutivo sia costretto - per parola data - a smontare 'baracca e burattini', quale carica istituzionale potrà occupare, oltre a quella di segretario del suo Partito? Secoli fa, Cicerone si coprì le 'spalle' con la sua oratoria e i suoi tomi di Storia politica, dedicandosi beatamente all'otium letterario e lasciando spazio ai nuovi venuti. Matteo Renzi, invece, non sembra aver giocato bene le sue 'carte'. O forse si? Il suo format #Matteorisponde è stata un'operazione mediatica molto furba: se internet è e sarà il futuro della comunicazione, di qualsiasi genere, perché non far 'fruttare' il caso e allargare il 'target' di italiani capaci di seguirlo 'via smartphone'? Nell'era del digitale 2.0, la sua idea ha fatto il 'botto', con 60 mila spettatori a puntata. Per non parlare dei 'like' su Facebook, dei 'retweet' su Twitter e dei 'cuoricini' su Instagram. Insomma, cosa farà Matteo Renzi, dopo la caduta del suo Governo, di cui sembra prevista, con estrema precisione, data e orario? Dopo il suo 'servizio' giornalistico con Giachetti, un 'brivido' è corso nelle redazioni e lungo la schiena dei vari direttori di testata: "Speriamo non si debba 'rimediargli' uno stipendio, o un 'rimborso-spese'...", è il commento che comincia a circolare. Ma il 'giovinastro' della politica troverà senz'altro un modo per finanziare i suoi blog e le sue testate on line. E, magari, per iscriversi all'Albo dei pubblicisti della Toscana.


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