L’unità dei laici non viene proposta da oggi. Sono decenni che se ne dibatte, e tutti i tentativi sono finiti in nulla o in clamorosi insuccessi, come nel caso delle liste Pli-Pri alle europee dell’84 e Pli-Pri-Radicali (solo in parte, questi ultimi) alle europee dell’89.
Bene, però, ha fatto ‘L’opinione’ a tornare su un tema caro a tanti, a moltissimi, come dimostrano le risposte che a tutti i tentativi via via compiuti giungono sempre positive, numerose e diffuse.
Ci sono due ostacoli di fondo, a mio avviso insuperabili. Il primo riguarda la diversità di valori, d’ideali, di politiche sostenute dai laici. Difficilmente si può mettere insieme chi crede in un’economia socialistica (con tutte le correzioni che si vogliano) e chi preme per un’economia di mercato. Le differenze si avvertivano, talora pesantemente, non solo per meri motivi di opportunismo politico e di spazio partitico, fra - che so? - socialisti e socialdemocratici, repubblicani e liberali. Ha ragione Pietro Di Muccio quando ammonisce: non formiamo ircocervi.
Il partito d’azione è ingloriosamente finito, come doveva, pur se disgraziatamente ha perpetuato gli effetti nefasti della sua politica negli uomini che ne fecero parte e che si sono dispersi un po’ ovunque, e li perpetua tuttora in una diffusa mentalità così giacobina come spocchiosa. Tuttavia, negare la possibilità di costruire un contenitore di idee diverse e talora contrapposte, ma unite in talune visioni, sarebbe antistorico. In fondo, anche Forza Italia è un contenitore di tal genere.
La stessa Dc sapeva mettere insieme Pella e De Mita, Gonella e Moro. Quindi, le difficoltà relative alle diverse valutazioni politiche e, ancor più, ai propri ideali, potrebbero essere messe da parte per guardare solo a ciò che unisce. Unificante può essere una visione laica, che certo non condivide posizioni (in materia fiscale, in materia scientifica, in materia di costume, in materia di proibizioni) contrarie alla tolleranza di princìpi, alla neutralità statale, alla libera scelta del cittadino, posizioni sostenute dall’attuale maggioranza e spesso condivise nel merito dall’opposizione.
Scatta l’altra considerazione ostativa all’unificazione delle sparse forze laiche. Queste forze, che meglio sarebbe definire debolezze, sono frantumate in un pulviscolo di gruppi, gruppuscoli, circoli di dimensioni subatomiche, spesso solo etichette, scatole vuote. Qualcuno ha una sua continuità storica e una sua presenza istituzionale, come i radicali (presenza limitatissima: l’Europarlamento e due Consigli regionali), ma refrattaria ad unioni: se guardiamo alle perdite di uomini sostenute da Pannella nei decenni andati, rimaniamo stupefatti. Segni ha un bagaglio elettorale ridotto al lumicino e, visti i precedenti, reca con sé esclusivamente un patrimonio di menagramo, tanto che ci sarebbe alquanto da temere per chiunque volesse prenderlo come compagno di strada. L’accoppiata Sgarbi-La Malfa è andata peggio di qualsiasi pessimistica previsione. Altri trascinano qualche amico di biliardo; non che non si possa far politica in queste condizioni (la Sbarbati, mercé le amiche del circolo dello scopone di Chiaravalle, è approdata all’Europarlamento fingendo di avere un partitino), ma insomma ‘L’opinione’ pensa a operazioni serie. A parte questa sbriciolatura, ogni qual volta si tenta di mettere insieme i cocci saltano fuori ataviche divisioni: resti di gruppi che appartengono a resti di correnti che facevano parte di resti di partiti non più esistenti si contrappongono a disciolte frazioni di scomparsi movimenti di defunte associazioni…
Ciascuno litiga con tutti, alla ricerca, sovente, soltanto di una targa da appendere all’uscio per poi chiedere, a un qualsiasi tavolo elettorale, un certo numero di candidature: o meglio, un ristrettissimo numero di collegi sicuri, al limite un collegio solo, per sé. La base risponde sempre positivamente alle proposte di casa comune dei laici. I vertici, cioè chi dovrebbe edificare la casa, non è capace di costruire una capanna, nemmeno un paio di stanze, neppure un monolocale, uno sgabuzzino.
C’è un’incapacità organizzativa che si risente, d’altra parte, fin dalla fondazione di Fi. I liberali in Forza Italia non sono pochi, ma sono divisi, rissosi, del tutto destrutturati, legati a interessi o personalistici o di gruppi diversi. E’ mai possibile che quel che non riesce ad autorevoli esponenti azzurri, che siedono in Parlamento e perfino al Governo, possa riuscire fuori di Fi?
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