L’interesse suscitato - sia pure tra gli addetti - dall’appello di Diaconale e Giacalone è la nuova riprova che un’iniziativa politica laico - liberale avrebbe spazio. Per passare dall’attesa generica alla progettualità concreta, ritengo si debba partire da un esame puntuale dell’appello, del cui testo sono forniti tutti i lettori de ‘L’opinione’. Bene il primo paragrafo. Anche se sarebbe meglio dire che nelle due coalizioni prevalgono non tanto le forze più estreme e irresponsabili, bensì quelle più lontane dallo stato di diritto e laico. E, a scanso di equivoci, si dovrebbe precisare che il cambiamento del sistema elettorale, per non tornare indietro, deve lasciare ai cittadini la scelta del governo e dei suoi principali indirizzi.
Il secondo paragrafo non va bene, eccetto che per la giusta constatazione del degrado sconfortante della politica. Di fatti, nasconde le gravissime responsabilità politiche di larga parte della classe dirigente di allora, incapace di cogliere le attese suscitate dal crollo del Muro e di dar corso a quelle riforme, a cominciare dalla pulizia dei Palazzi, che proprio i laici indicavano da anni. Non fu un complotto, fu un suicidio per dissolutezza. E che il maggior partito della sinistra abbia la gravissima colpa di aver cavalcato la rivoluzione giustizialista sperando di eludere i conti con i propri scheletri, non tocca affatto quello che oggi è essenziale per un’iniziativa laico liberale: non usare la memoria per una faida.
Bene il terzo paragrafo. Magari con un pizzico di prudenza e precisando che si tratta non di estremismi religiosi, ma di estremismi politici che usano la religione.
Qui, prima del quarto paragrafo, mi pare indispensabile dire con quale politica i laico liberali intendono superare l’attuale bipolarismo. Occorre fissare almeno due punti in un quadro realista, con i sistemi elettorali vigenti o con altri dotati di clausole maggioritarie e di soglie (al proporzionale non si deve tornare). Il primo è esporre la bandiera: raggruppare coloro che mettono la libertà del cittadino prima di tutto, che promuovono il mercato secondo le regole e che si comportano politicamente di conseguenza. E’ una bandiera che distingue. Sotto di essa, ci si può raggruppare con quei cattolici che non fanno della fede una fonte legislativa ma non con gli aderenti all’Internazionale popolare; ci si può raggruppare con quei socialisti che nella situazione italiana privilegiano la libertà rispetto all’uguaglianza e la società civile rispetto a forme di dirigismo strisciante ma non con quei socialisti che, adeguandosi alle indicazioni dell’Internazionale socialista, vorrebbero riproporre dopo quindici anni la sterile centralità socialista; ci si può raggruppare con chi oggi è contro il ritiro delle truppe italiane dall’Iraq ma non con chi adotta il credo neoconservatore dell’esportazione della democrazia anche con le armi; ci si può raggruppare con i contrari alla guerra in Iraq ma non con il pacifismo indifferente alla libertà; ci si può raggruppare con chi contrasta la politica economico sindacale della sinistra antagonista ma non con chi si disinteressa della piaga endemica del conflitto interessi o delle posizioni dominanti nel campo dell’informazione o del ripetuto spregio di qualsiasi posizione politica numericamente piccola o della volontà di privilegiare in campagna elettorale chi aveva prevalso nella precedente; ci si può raggruppare con chi vuole innanzitutto occuparsi dei più diseredati ma non con chi vuol riproporre le distorsioni dell’assistenzialismo pubblico; ci si può raggruppare con chi è critico verso l’irresponsabile ‘eurottimismo’, verso le propensioni euroburocratiche, verso la inadeguatezza delle istituzioni democratiche in cui opera l’Unione Europea, ma non con chi è al fondo un euroscettico contrario al grande disegno di libertà e di democrazia dei popoli e tra i popoli costituito dall’Unione Europea oppure con chi vorrebbe snaturare la cultura profonda dell’Unione Europea contrapponendola agli Stati Uniti invece di farne un alleato con pari dignità, davvero attivo nel sollecitare sempre più paesi a percorrere le vie della libera e prospera convivenza civile.
Il secondo punto da fissare è che i laico liberali puntano alla scomposizione degli attuali poli per arrivare a coalizioni diversamente ricomposte in chiave politica e programmatica. Dunque, combattono la concezione aberrante del “o di qua o di là” ma non per rinverdire il trasformismo e stare indifferentemente di qua e di là. Non vogliono praticare né il terzo polo né la preventiva scelta di destra o di sinistra. Vogliono per ora sviluppare la propria area politica. Perché sono convinti che un’opposizione liberale è decisiva per l’equilibrata crescita del Paese e mantengono la piena consapevolezza che solo in presenza di un’opposizione liberale si può costruire un governo adeguatamente liberale. Specie in un sistema in cui il governo lo scelgono i cittadini. Se riusciranno a riposizionare il dibattito politico, i laico liberali potranno caratterizzare quanto basta la nuova coalizione cui avranno dato vita; altrimenti, dovranno avere la fermezza per una proposta autonoma che influenzi il clima politico rendendo possibile una coalizione accettabile per il futuro.
Per tenere questo atteggiamento, i laico liberali dovranno impegnarsi a respingere ogni tentazione di cedere ad appetibili riconoscimenti per singole persone o per singoli gruppi, più o meno storici. I laico liberali sono fautori di una società che esalti l’individualità responsabile di ogni cittadino e non devono sacrificarla all’illusorio piatto di lenticchie delle proprie carriere politiche. Così introdotto, il quarto paragrafo dovrebbe essere rivolto a tutti i cittadini disposti a battersi in politica per la libertà di ciascuno, per la laicità dello Stato, per una società aperta e che perciò non si ritrovano nelle proposte dei due grossi supermercati odierni. E non dovrebbe limitarsi ai reduci né privilegiarli. Né dovrebbe mascherare questa importante battaglia di libertà sotto lo slogan di una “chiamata democratica”, che è cosa diversa e che comunque ha un sapore di anatema, per chi non vi prende parte, che non appare consono ai liberali.
Il quinto paragrafo dell’appello avrebbe bisogno di qualche ritocco. Ridefinendo la politica che si vuole restituire all’Italia come liberaldemocratica e distinguendo l’appuntamento delle regionali da quello delle politiche, nel senso che sarebbe del tutto contraddittorio affrontare le regionali senza proposte di coalizioni legate al territorio regione per regione. Ho scritto queste osservazioni convinto che, fin dalla redazione del testo dell’appello, i laico liberali vogliano distinguersi dalla prassi dei programmi calati dall’alto, adottata da Berlusconi dal ’94 in poi e ripresa anche di recente dall’Amato del Triciclo. Del resto, questa iniziativa laica, liberaldemocratica, riformatrice, è cosa complessa che non può battere le solite strade seguite dal conformismo politico dei gruppi chiesa. Perché per crescere deve entrare in sintonia anche con il mondo dei cittadini più critici ed individualisti, più problematici e incerti, con il mondo dei voti oscillanti, meno inquadrabile ma più decisivo.
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