Vittorio CraxiE' giunta inaspettata, ma non meno significativa, la notizia dell'assegnazione del Nobel per la pace al 'Quartetto del dialogo nazionale tunisino'. Essa simboleggia, in un momento così delicato per l'avvenire del mondo arabo e per l'aggravarsi delle crisi mediorientali, un messaggio esplicito di pace e un incoraggiamento alle volontà di dialogo all'interno delle comunità musulmane in stretta relazione con l'occidente, che devono e possono ragggiungere livelli accettabili di democrazia e di dignità. Il 'Dialogo nazionale tunisino' è un gruppo eterogeneo, composto dallo storico sindacato Ugtt, dalla Federazione che unisce l'industria, il commercio, l'artigianato (Utica), dalla Lega tunisina dei diritti dell'uomo e dall'Ordine nazionale degli Avvocati. Esso si attivò per cercare una via d'uscita alla crisi che fu determinata in seguito ai due omicidi di Belaìd e Brahmi, nel febbraio e nel luglio del 2013, ovvero di due figure rilevanti della sinistra laica del Paese. Le quattro organizzazioni riuscirono a strappare, sia ai Partiti di Governo (dominato allora dal Partito religioso di Hnada), sia all'opposizione nazionale, l'impegno a sottoscrivere un compromesso per ultimare il percorso politico tracciato per l'adozione di una nuova Costituzione progressista entro la fine del gennaio del 2014. Il compromesso prevedeva le dimissioni del primo ministro islamista Ali Larayedh, in seguito accusato da un ex deputato del suo schieramento di essere il mandante dei due omicidi (proprio due giorni or sono, uno dei soci proprietari del network dal quale venivano lanciate queste accuse, è stato fatto oggetto di un tentato omicidio) e la sua sostituzione con un Governo di natura tecnica, presieduto da Mehdi Jomaa. Secondo tutti gli analisti, questo compromesso, fortemente voluto dal Quartetto della società civile, ha scongiurato il conflitto civile e politico, oramai non più strisciante, che rischiava di gettare nel caos la Tunisia. Le elezioni democratiche che hanno visto la vittoria dei laici e la presidenza assegnata a Beji Caid Essebsi sono, di fatto, il successo del Quartetto, che ha saputo costruire pazientemente, attraverso il dialogo e il coinvolgimento ampio della società civile, il consenso necessario per dotare la Tunisia di fondamenta democratiche e istituzionali solide, attraverso un processo costituzionale condiviso, perimetro essenziale, in questa fase, per far convivere aree politiche della società tunisina diametralmente opposte e difficilmente conciliabili. Il messaggio che arriva da Oslo è chiaro: a) è possibile far convivere i 'diversi' nel processo democratico; b) è necessario esaltare il peso e il ruolo dei corpi sociali intermedi quando si è in assenza di Partiti democratici dal largo consenso e dalle solide ed antiche radici democratiche. La questione non riguarda soltanto le giovani democrazie arabe, ma  anche l'occidente, che vede fragilizzarsi la componente storica dei Partiti tradizionali di massa e avanzare sempre più forme disordinate di consenso politico attraverso movimenti dal chiaro stampo populista e nazionalista, nonché una larga disaffezione popolare ai corretti processi democratici. Il caso tunisino è stato sovente preso a prestito come illuminante per la dignità e la sobrietà del sollevamento popolare e per la maturità con la quale un piccolo Paese ha saputo attraversare la sua dura e difficile transizione. In questo frangente, i tunisini vengono presi a prestito per consolidare un'idea intelligente della democrazia deliberativa: quando non vi sono basi legittime per potersi rivolgere ai cittadini, le forze sociali organizzate, nonché i difensori e promotori dei diritti civili, sono interlocutori essenziali per costruire una democrazia fondata sul consenso e, soprattutto, su un pluralismo accettabile.




(articolo tratto dal sito www.avantionline.it)
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