Ilaria CordìLa legge nata il 1° dicembre 1970 n. 898, ovvero la cosiddetta normativa sul divorzio che disciplina i casi di scioglimento del matrimonio, entrata in vigore il 18 dicembre dello stesso anno, è arrivata al suo punto di svolta. Anzi, potremmo persino dire alla sua conclusione definitiva. Il 21 aprile scorso, infatti, il divorzio 'breve' è diventato legge. Secondo gli ultimi dati Istat relativi ai primi mesi del 2014, i divorzi nell'anno 2012 sono stati 51.319 e le separazioni 88.288: numeri in calo rispetto all'anno precedente, il quale riportava, rispettivamente, 53.806 casi del primo tipo e 88.797 del secondo. La tipologia di separazione scelta, inoltre, è soprattutto quella 'consensuale' (l'85,4% dei coniugi), mentre il 73,3% delle separazioni e il 66,2% dei divorzi interessano ex-coppie con figli a carico. L'89,9% delle divisioni sono avvenute con il previsto 'affido condiviso' (art. 155 della Legge n. 54/2006 cod. civ). E anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha mantenuto il diritto a un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cure, educazione e istruzione da entrambi, nonché di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale (fonte Istat, ndr). Se questi sono i numeri relativi ai divorzi e in essi si calcolano i relativi costi burocratici ricaduti sulle spalle dei soggetti interessati, possiamo dunque considerare la nuova normativa un provvedimento quanto mai opportuno. Dopo oltre 40 anni si è finalmente giunti a una regolamentazione definitiva del divorzio: non sarà più tassativo aspettare 3 anni per dire addio al partner, come stabilito dalla 'Fortuna-Baslini', mantenuta in vigore dal popolo italiano con il referendum del 12-13 maggio 1974. E se la volontà di scioglimento è consensuale, basteranno soltanto 6 mesi. Viceversa, se giudiziale, si dovrà attendere al massimo un anno. "E' la volta buona", ha commentato con un 'cinguettìo' su Twitter il nostro premier, Matteo Renzi, appoggiato dal Partito democratico, da quello di Vendola, dai 'grillini' e da 'Scelta civica', mentre Forza Italia e Lega Nord hanno lasciato 'libertà di coscienza'. Diversa la votazione dei cattolici, che come per il referendum del '74, hanno deliberato il loro inamovibile 'No' appoggiati da Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d'Italia, la quale insiste nel voler preservare la tutela dei figli affinché la separazione dei coniugi non divenga per essi un motivo di trauma. Contrastante l'opinione di Elena Centemero, vicepresidente delle Attività 'Club di Forza Italia' in Lombardia, che ha giudicato quest'approvazione "un traguardo di civiltà, una soluzione nel rispetto dei membri della famiglia e verso coloro che, finito il rapporto d'amore con il partner, desiderano rifarsi una vita". Ma vediamo cosa, sostanzialmente, cambia dopo l'approvazione disegno di legge sul divorzio breve:

a) viene anticipata la domanda di divorzio da 3 anni a 6 mesi/1 anno. Con la precedente direttiva, la domanda di divorzio poteva essere avviata dopo 3 anni dalla separazione consensuale - ovvero la richiesta viene presentata da entrambi i coniugi, precisando la causa di dissociazione - per ottenere infine la separazione giudiziale;

b) si affretta il momento di effettivo scioglimento della comunione dei beni, che dovrà avere un carattere di tipo giudiziale;

c) si stabilisce una disciplina transitoria e il divorzio breve sarà applicato anche ai processi già in corso. Secondo l'art. 228 della L. 19 maggio 1975 n. 151, si predispone un periodo di due anni per consentire a uno dei due coniugi di manifestare la volontà di mantenere in atto la separazione preposta.

Enrico Costa, viceministro della Giustizia, vede nel nuovo procedimento un punto di svolta e un passo in avanti sul tema della 'crisi coniugale'. La vicepresidente della Camera, Marina Sereni, ha invece sostenuto il 'si' della scelta parlamentare poiché, con la nuova norma, "si beneficia di una riduzione degli oneri finanziari e burocratici: divorziare diventa un peso più leggero per tutti coloro che si accingono a volersi dividere". Dispiace un po' la posizione dei cattolici 'integristi', che proprio non riescono a inquadrare la situazione secondo un'ottica maggiormente dinamica delle trasformazioni in atto nella nostra società. A prima vista, sembra trattarsi di una vera e propria 'sindrome di Robertino', il noto personaggio profetizzato da Massimo Troisi nel film 'Ricomincio da tre', drammaticamente prigioniero del fosco ed egoistico pessimismo della madre nei confronti di tutto ciò che riguarda il mondo esterno. Una condizione a tratti paragonabile a quella dei vescovi della Cei e all'attuale direttore di 'Avvenire' nei confronti di Santa Madre Chiesa? A noi pare di sì. In ogni caso, pessimismo o meno, speriamo possa presto aprirsi nella mente di molti cattolici quel 'file' in grado di rappresentare, anche ai loro occhi, come in una società 'familista' a lungo dominata dal mero possessivismo 'carnale', nonché letteralmente 'impestata' da 'femminicidi' ed eventi drammatici quotidiani, determinati 'passaggi' di vita possano essere gestiti e regolamentati secondo forme e modalità più civili e razionali, dunque assai meno traumatici per tutti.


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