Clelia MoscarielloChe una parte della sinistra italiana si attardi a inseguire il populismo delle destre, anziché fornire soluzioni di governo realmente alternative, lo consideriamo un autentico 'guaio'. Una questione che impedisce di vedere il vero 'nodo' di fondo della situazione italiana: quello del 'non governo', della desolante incapacità del nostro ceto politico di affrontare e risolvere anche i problemi più semplici. Il fulcro teorico di una moderna riflessione riformista dovrebbe perciò convergere verso la 'ristrutturazione' di una cultura di sinistra in grado di evitare ogni intreccio tra interesse pubblico e privato, denunciando un consociativismo e una condizione italiana caratterizzata da imprese, banche, enti pubblici, università e organi di informazione trasformati, nel tempo, in veri e propri 'accampamenti lottizzati'. Ciò ha infatti rappresentato la causa primaria di paralisi e inazioni. Noi non crediamo si possa approdare a una sinistra 'di governo' se in Italia si continuerà a parlare d'altro pur di mantenere al potere un 'insulso' Partito democratico che, in realtà, segnala in sé una grave mancanza di elaborazioni politico-culturali credibili ed effettivamente innovative. Un moderno liberalismo di sinistra, attento alle nuove discriminazioni che la società sforna a getto continuo e aperto verso i temi laici delle nuove libertà pubbliche, probabilmente avrebbe giovato al nostro Paese assai più di una 'grigiastra' formazione democratica all'americana: vogliamo continuare a criticare Berlusconi per poi 'scopiazzarlo' non appena gli eventi ce ne forniscono l'occasione? Il 'nocciolo' della questione è sempre stato esattamente questo: verificare la possibilità di mettere in campo una nuova 'dottrina' dotata di un alto grado di 'idealismo civico', che possa liberare nuove energie e nuovi linguaggi verso una laicità incentrata su coraggiose metodologie di liberalismo sociale. Ma elaborare una dottrina del genere significa analizzare ogni tradizione e scuola politica, culturale e filosofica, al fine di riallacciarsi a un'impostazione che sappia generare un rinnovato sentimento collettivo progressista. Si dovrebbe, cioè, ritrovare un nuovo 'idem sentire' tra tutte le forze di sinistra, un qualcosa che possa svolgere una funzione di minimo comune denominatore culturale. Anche, per esempio, decidendo di affrontare 'di petto' le grandi questioni riguardanti la povertà e lo squilibrio di ricchezza tra Nord e Sud del mondo, senza necessariamente incorrere in un 'terzomondismo modaiolo', o puramente mondano. Insomma, trovata la 'chiave' interpretativa, ne può derivare l'idea. Che potrebbe essere quella di una società dinamica, in cui i mutamenti possano avvenire con maggior velocità e, allo stesso tempo, seguendo un certo ordine, un nuovo senso della collettività che non risulti 'schiacciante' nei confronti dei diritti dei singoli individui.


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