Francesca BuffoLa crisi del mercato del lavoro può essere analizzata da moltissimi punti di vista. Su Linkedin, per esempio, esistono discussioni che si protraggono ormai da mesi su cosa significhi dover riconvertire la propria preparazione e specializzazione in nuove figure professionali. A stimolare tale dibattito sono stati alcuni articoli pubblicati da diverse testate, che hanno annunciato come il lavoro in alcuni comparti ci sarebbe, ma in cui mancano i lavoratori qualificati (carpentieri, saldatori, addetti alla macelleria). Francamente, non ci vuole molto acume per comprendere che tali richieste sottolineino uno scollamento fra il mercato del lavoro e l'offerta formativa degli istituti professionali. Ma prendersela con la scuola sarebbe troppo semplice. Pensiamo agli istituti alberghieri, che preparano cuochi o pasticcieri: un tempo, frequentare tali scuole era una garanzia d'inserimento professionale. Oggi, invece, cucinano tutti. E i corsi di specializzazione (con costi spesso piuttosto esosi) sono frequentatissimi da persone che, non avendo più una loro occupazione, cercano di commutare una passione in professione, possibilmente ben retribuita. Insomma, di lavorare in una cucina di ristorante non se ne parla proprio, ma vuoi mettere imporsi come 'chef' o come 'boss delle torte'? E ciò conduce verso un altro aspetto della questione: bisogna fare un lavoro qualsiasi pur di lavorare, oppure lo si cerca solo dove si può ottenere un buon ruolo sociale, uno 'straccio' di qualifica, giusto per non vergognarsi con gli amici e riuscire a ottenere un discreto stipendio? E cosa dire di quelle professioni che, grazie alle nuove tecnologie e a internet, non esistono più? O di quelle 'nuove' che, sempre grazie a internet, avrebbero dovuto prendere 'piede'? Dov'è finito il milione di posti nel fotovoltaico? Come si può notare, le 'facce' della stessa medaglia sono tante. Certamente, la crisi ha 'appiattito' tutto e tutti. Ma siamo sicuri che, di una simile degenerazione, non siamo un po' complici? Insomma, a noi è capitato di vedere la gelataia che, per assumere un aiuto estivo, non voleva pagare mille euro al mese e che poi, quando ha venduto l'attività e ha cercato a sua volta un lavoro, si è meravigliata che non gli venissero garantiti neanche mille euro al mese. Di tutto ciò potremmo parlarne all'infinito, con dovizia di esempi e particolari. Ma le soluzioni? Quali sono? Chi le sta studiando? L'altra mattina, la sottoscritta ha ritrovato nell'armadio una vecchia 'Polaroid'. Un modello neanche troppo obsoleto, ma l'azienda che la produceva, qualche anno fa all'improvviso ha smesso di produrre i 'caricatori'. Insomma, fine delle foto. Certo, oggi esistono modelli assai più innovativi, per i quali sono stati elaborati nuovi caricatori, che utilizzano altre tecnologie. Ma perché siamo costretti a sostituire un'apparecchiatura che funziona benissimo? In seguito, sempre cercando su internet, abbiamo scoperto che un'azienda ha creato una linea di prodotti che sostituisce i vecchi caricatori. Evviva, la mia macchina fotografica è salva! Ma poi ho pensato: "E se il mio lavoro fosse come la Polaroid e domattina arrivasse un 'signor nessuno' ad accorgersi che non serve 'rottamarmi', ma semplicemente capire come riutilizzarmi"?


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