Massimo FilipponiQuanto mi sono divertito! Sono entrato, pochi giorni fa, in un negozio di parrucchiere per raccogliere le firme a favore di una petizione per istituire l'albo delle Unioni civili nel VI municipio di Roma. Il bigottismo della gente è ancora imperante: il titolare dell’esercizio, non si sa perché, si è come sentito parte in causa e, subito, si è affrettato a dire: "Io non sono d'accordo con i ‘froci’ che si sposano". Però, alla fine ha firmato, affermando di farlo come un piacere nei miei confronti. Un'altra signora mi viene a dire: "Ah! No. Basta! Al giorno d'oggi, stiamo andando tutti alla rovina. Io ne so qualcosa: ‘sti giovani hanno preso come moda la bisessualità. Non si può considerare un’anomalia sociale come fosse una cosa normale: oggi, sti ragazzetti sono tutti bisex per colpa di questa moda di essere gay", fulminandomi in modo ‘coatto’ con lo sguardo e impedendomi di parlare. Un'altra cliente, invece, molto pacatamente e senza aver mai messo le ‘mani avanti’, bensì ascoltandomi, ha firmato commentando: "Per me, il riconoscimento dei diritti di una persona è importantissimo". Un altro, anche lui favorevole, invece non ha potuto firmare poiché non residente in zona. Hai voglia a dire a tutti quanti che il problema delle unioni civili non è e non riguarda solo le dinamiche gay o ‘lesbo’. Niente! I latini dicevano: "Excusatio non petita, accusatio manifesta" (sempreché, in questo caso, essere gay sia da considerarsi un'accusa…). Il ‘bello’, comunque, è stato l’involontario spettacolo offertomi da questi ‘siparietti’ di strada, in cui molti mi hanno trattato come se raccogliessi firme perché anch’io sarei gay. E il mio divertimento, molto interessante, è stato proprio quello di non smentire, ma di lasciar ‘passare’ quest’idea.


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