Clelia MoscarielloSiamo favorevoli all’introduzione dei ‘Time out’ nel giuoco del calcio. Non solo per motivazioni legate alle difficili condizioni climatiche del campionato mondiale in corso in questo periodo in Brasile, ma come innovazione tesa a evolvere questo sport sia sotto il profilo tattico, sia in quello agonistico. La Storia cambia, il mondo si trasforma e il cammino dell’uomo continua a compiere passi in avanti. Dunque, riteniamo corretto provare a sperimentare anche un singolo ‘Time out’ per tempo, durante i 90 minuti che compongono una partita. Oltre a essere una giusta ‘contaminazione’ con altri sport, siamo certi che un provvedimento del genere ridurrebbe gli infortuni dei giocatori che, molto spesso e per pura stanchezza fisica, entrano in ritardo nei loro ‘tackle’ in scivolata, oppure rischiano continue e ripetute tendiniti, distorsioni e lesioni ai legamenti. Il ricordo delle dure sofferenze patite da Carlo Ancelotti e della sfortunata carriera di un leggendario terzino fluidificante come Francesco Rocca - ma anche i decessi in campo per arresto cardiaco di giovani ‘promesse’ come Renato Curi - ci portano a riflettere sull’eccessiva intensità di questo sport, che nei suoi livelli professionistici è sempre più circondato da tensioni psicologiche e da una ricerca spasmodica dei risultati, che lo hanno reso sempre più stressante e pericoloso per la salute, psicologica e fisica, di chi lo pratica. Dunque, che nel corso di un incontro di calcio possano essere previste delle ‘soste’ in grado di ‘stemperare’ numerose situazioni di tensione, controllando altresì da vicino la salute fisica dei calciatori, ci appare un’innovazione che il presidente della Fifa, Joseph Blatter, potrebbe prendere in seria considerazione. Ci sarebbe, inoltre, anche un tema sottilmente politico nelle ‘more’ di una riflessione del genere: quello di un mondo sempre più caratterizzato da bizzarrie climatiche e da condizioni atmosferiche estreme. In pratica, il calcio potrebbe interpretare un ruolo di ‘sport segnalatore’ sul fatto che ‘qualcosa’, nel clima del nostro pianeta, sta mutando, facendosi portavoce di un messaggio ecologico e ambientale dall’alto e preciso valore etico, finalizzato a sensibilizzare la comunità internazionale al fine di convincerla a dirigersi, con maggior convinzione, verso “il migliore dei mondi possibili”. Insomma, la cosa ci sembra un’idea niente affatto peregrina.


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