Serena Di GiovanniNorvegia, 22 luglio 2011: una bomba esplode al ‘Regjeringskvartalet’, il quartier generale del Governo a Oslo. Edifici distrutti, città nel panico, otto vittime. Poi, a qualche decina di chilometri, sull'isola di Utøya, durante il campo estivo dell'organizzazione giovanile del Partito laburista norvegese, un uomo armato e vestito da poliziotto apre improvvisamente il fuoco su alcuni giovani, uccidendone 69. Il Paese sprofonda nel caos e nel terrore. Un uomo viene arrestato: si tratta di Anders Behring Breivik, responsabile di entrambi gli attentati e condannato, nell’agosto 2012, a 21 anni di prigione, il massimo della pena detentiva in Norvegia. Il libro ‘Il silenzio sugli innocenti’, scritto dal cronista parlamentare dell’Agi, Luca Mariani, edito da Ediesse, ci racconta con dovizia di particolari non solo quanto avvenuto in Norvegia nel 2011, ma anche le reazioni, ‘discutibili’, dei politici e della stampa alla strage, forse la più efferata in Europa occidentale dai tempi del nazismo. Una ‘mattanza’ dettata dall’odio per il multiculturalismo, gli immigrati e l’Unione Europea. Tematiche delicate, ma sempre in auge e sulla cresta dell’onda, specialmente oggi, alla vigilia delle elezioni europee previste dal 22 al 25 maggio 2014. Eppure, nel ricostruire i fatti, la maggior parte dei media ha completamente tralasciato i moventi politici della vicenda, additando il killer come uno “squilibrato”, un fanatico sociopatico effetto da schizofrenia paranoica, ignorando il manifesto di 1500 pagine inviato da Breivik a 8109 indirizzi e-mail in tutta Europa. Come sostiene Luca Mariani nel suo volume, le stragi norvegesi furono, invece, un’azione studiata per anni nei minimi dettagli. L’obiettivo principale era quello di distruggere il Partito laburista alla radice, perché sostenitore e fautore di una politica multietnica. Il volume di Mariani mette a nudo gli errori della stampa e del mondo della politica nel considerare i fatti. Lo fa senza paura di affrontare la questione che rimane sempre centrale: quali furono i contatti del killer? Esiste, in Europa, una rete di estrema destra nazionalista, violenta e xenofoba? E perché la stampa italiana non ha dato il giusto rilievo alle stragi, come invece è avvenuto, per esempio, con l’11 settembre? Ma soprattutto: perché oggi, a quasi 3 anni di distanza dai fatti, è davvero così importante ricordare quanto avvenuto in Norvegia? Lo abbiamo chiesto all’autore del libro, a margine della presentazione del volume svoltasi lo scorso lunedì 14 aprile presso la sede dell’Unione delle Associazioni regionali a Roma.

Luca Mariani, per quale motivo, secondo lei, la stampa italiana non ha dato il giusto rilievo alle stragi in Norvegia, tralasciandone i moventi politici?
“La prima spiegazione che mi dò è che, inizialmente, la traccia seguita dai media fu quella della pista islamica. Anche perché arrivarono notizie di false rivendicazioni da Washington. Queste furono prese per vere e, la mattina seguente alle stragi, furono pubblicate sulla gran parte delle prime pagine dei giornali. Per un giornalista è sempre ‘antipatico’ fare mea culpa e marcia indietro. Ma non c’è solo questo, secondo me. Oggettivamente, la notizia di un nazionalista, xenofobo, anti-immigrazione, anti Unione europea che uccide giovani laburisti, socialisti (proprio per i loro ideali a favore dell’immigrazione, del multiculturalismo e dell’Ue) non favoriva l’allora maggioranza di Governo, che comprendeva la Lega, oggi guarda caso in cerca di un’alleanza con Marine Le Pen e il Pvv. Di questa strage parlarono gli esponenti di tutti i Partiti italiani: Walter Veltroni per il Pd, Reguzzoni per la Lega, Pino Pisicchio, Jole Santelli, Renato Farina, Ferdinando Adornato e Massimo Donadi. Fu un dibattito a tutto tondo, durante il quale, però, nessuno citò mai l’aggettivo ‘socialista’ o ‘laburista’ in riferimento ai 69 giovani uccisi nell’isola di Utoya: un’impresa ‘titanica’. Anche la stampa non utilizzò mai le parole socialista e laburista in nessuna prima pagina, dal 24 luglio 2011 in poi, ad eccezione del quotidiano cattolico ‘Avvenire’. Dietro la scelta di non dare il giusto rilievo alla strage potrebbero quindi celarsi anche delle motivazioni di carattere politico”.

Come è stato affrontato l’argomento nel resto dell’Europa?
“In Scandinavia, l’argomento è stato affrontato dolorosamente, anche se i norvegesi, per vari motivi, soprattutto per il grande dolore provato, non ne parlano volentieri. Nel resto dei Paesi europei è prevalsa un’esposizione ridotta dell’importanza di ciò che è accaduto nell’isola. In un primo momento, tutti i media occidentali hanno percorso la pista islamica; in seguito, quando si è scoperto che la situazione era esattamente inversa - cioè che il killer aveva ucciso socialisti e laburisti perché odiava gli immigrati e, in particolare, i musulmani - non sono state dedicate edizioni straordinarie all’argomento, proprio come in Italia. Una tendenza all’oblio abbastanza ingiusta e preoccupante”.

Quali sono i trascorsi politici di Anders Behring Breivik? E cosa hanno a che vedere con le stragi? Inoltre, esiste una ‘rete’ dietro le azioni del killer?
“Nel suo ‘Compendium’, inviato a 8109 indirizzi e-mail in tutta Europa, Breivik scrive che nel 2002, a Londra, aveva fondato la rete dei Cavalieri templari, caratterizzata da piccole cellule che agiscono in solitario. Ora, non so se una rete così pericolosa esista davvero o meno. Esiste però un rete visibilissima, alla quale appartengono persone in linea col pensiero di Breivik: che gli immigrati devono tornare a casa loro, che ci tolgono il lavoro. Esiste una rete xenofoba e nazionalista che si traduce in quelle forze da Breivik stesso definite ‘amiche’: Jean-Marie Le Pen in Francia, Vlaams Belang in Belgio, Pvv in Olanda, Freiheitliche Partei Österreichs in Austria, il Partito del progresso in Norvegia, i Democratici svedesi in Svezia, i Veri finlandesi in Finlandia, gli Jobbik in Ungheria, Lega Nord e Forza Nuova in Italia. Breivik li mette in fila uno per uno.  L’ultradestra si sta affermando anche in Grecia, dove i nazisti di Alba Dorata hanno preso il 7 %. La Le Pen viaggia oltre il 20% e gli Jobbik pure; i Veri Finlandesi sono al 19%. Ormai, sono tutti Partiti a doppia cifra. E poi c’è un altro fatto: Mario Borghezio, nella sua intervista a seguito della strage, non solo considerò le idee di Breivik in qualche caso ottime, ma affermò (cito testualmente) che “il 20% (circa 90 milioni) degli europei la pensa come noi”. Ovviamente, alle sue dichiarazioni seguirono polemiche per le quali si dimise dalla carica di coordinatore regionale del Piemonte. Tuttavia, Borghezio non si è mai dimesso dalla carica di eurodeputato. Ed è, a tutt’oggi, un europarlamentare”.

Perché, in questo preciso momento storico, a quasi 3 anni di distanza dalle stragi, è davvero così importante ricordare quanto avvenuto in Norvegia?
“In primo luogo, per una questione di giustizia e di memoria. In una pagina del libro sono segnalati per filo e per segno i nomi, l’età e il luogo di provenienza di tutte le vittime. Ed è una pagina angosciante. Erano tutti ragazzi di 14, 15 e 16 anni. Poi, per una questione politica, perché temo che alle prossime elezioni europee vi sarà un fiorire di questi movimenti nazionalisti e xenofobi. Infine, per una questione di etica giornalistica: se un fatto è ‘viola’, bisogna scrivere che è ‘viola’; se è ‘giallo’, devi scrivere che è ‘giallo’. Non puoi scrivere che è ‘nero’. Dunque, semplicemente per un contributo di verità”.

Quali ripercussioni potrà avere, secondo lei, il crescente peso dei Partiti euroscettici e di ispirazione neonazista in Europa, anche in vista delle consultazioni del 25 maggio prossimo?
“Dal punto di vista pratico, immediato, immagino che i due maggiori Partiti, i ‘bastioni’ dell’Europa, il Ppe e il Pse, non raggiungeranno da soli il 51% dei seggi. Resta da vedere se e quanti seggi prenderanno i Partiti euroscettici, nazionalisti e xenofobi (c’è chi dice il 20%) e se la futura maggioranza nell’europarlamento sarà il frutto di grosse coalizioni tra Ppe e Pse, o di alleanze (per esempio tra il Pse, i Verdi e Tsipras, o tra Ppe, i liberali e i conservatori britannici). Dal punto di vista politico è ovvio che una forte presenza di europarlamentari euroscettici nel parlamento porterà all’indebolimento della costruzione europea, la quale, come sostiene il presidente Giorgio Napolitano, non è solo austerità, ma è qualcosa che ha garantito la pace per sessant’anni, malgrado le guerre al di là dell’Adriatico e nei Balcani. Pensiamo a quanta differenza poteva esistere, effettivamente, tra due città fisicamente vicine come Ancona e Sarajevo, o Ancona e Mostar. La differenza era data proprio dall’Unione Europea, dove, seppur con mille difficoltà legate alla crisi economica, si riesce ancora a parlare di democrazia, libertà e diritti dell’uomo”.




Il libro
Titolo: 'Le stragi di Oslo e Utøya - Verità, bugie e omissioni su un massacro di socialisti'
Autore: Luca Mariani
Mese e anno di edizione: marzo 2013
Pagine: 208 ISBN: 88-230-1751-1
Prezzo: 13 euro
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