Clelia MoscarielloE’ curiosa la sottovalutazione, da parte di Beppe Grillo, della decisione del Governo di declassificare e depositare presso l’archivio di Stato l’intera documentazione relativa alle stragi che hanno insanguinato il nostro Paese negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. Curiosa, poiché pur risultando concreta l’obiezione di merito, quella cioè di un materiale già da tempo di dominio pubblico, la dichiarazione del comico genovese sembra non tenere in debita considerazione la possibilità che storici, giornalisti e intellettuali possano evidenziare agli occhi dell’opinione pubblica - la quale non sempre viene debitamente informata intorno a tante fondamentali ‘microstorie’ - alcuni aspetti inediti, peculiari ma altrettanto importanti, di numerose vicende e questioni. Il vero problema italiano, in realtà, è proprio quello di scoprire sempre l’acqua ‘calda’, di non riuscire a cogliere una lunga serie di evidenze che spesso sono proprio lì, sotto al ‘naso’ di tutti, come si suol dire. E’ quanto accaduto, tanto per fare un esempio, al regista Marco Bellocchio, che nel 2010 ha voluto fortemente dirigere un film, intitolato ‘Vincere’, dedicato alla vita di Ida Dalser, la cosiddetta ‘prima moglie’ di Benito Mussolini, cancellata e poi rimossa dalla storiografia ufficiale nonostante la sua vicenda fosse molto ‘viva’ nella memoria collettiva della città di Trento. Bellocchio è rimasto affascinato da questa donna, poiché gli ha fornito lo spunto per descrivere l’ennesimo lato oscuro del fascismo italiano. La pellicola è stata presentata, alcuni anni fa, al Festival del cinema di Cannes ed è risultata, per molti, un’inedita sorpresa: in pochi conoscevano le dolorose vicissitudini di una donna che ha trascorso la propria esistenza a combattere la menzogna, causata giustappunto dalla secretazione di tutta la documentazione attestante sia il suo matrimonio giovanile con Benito Mussolini, sia l’effettiva paternità del duce nei confronti di suo figlio, Benito Albino. Per più di un ‘settantennio’, questa storia è stata mantenuta accuratamente segreta, al fine di cancellare dalla memoria storica la vita stessa della Dalser e di suo figlio, i quali conclusero drammaticamente la propria esistenza rinchiusi in un manicomio. Ida e suo figlio sono state due ‘ombre’ nella vita di Mussolini che hanno finito col perdere la propria identità ed essere dimenticati. Fino a quando la vicenda non è stata riportata all’attenzione del grande pubblico da Marco Bellocchio, che ha cominciato a interessarsi alla documentazione rintracciata presso l’archivio della provincia di Trento da giornalisti e intellettuali come Marco Zeni, Alfredo Pieroni e altri. Era tutto lì, nero su bianco. Bastava solamente che qualcuno si decidesse a fare il proprio mestiere: ma tu guarda un po’…


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio