Carla De LeoIl disegno di legge S. 1201 per la regolamentazione del fenomeno della prostituzione, recentemente presentato e promosso dalla senatrice del Partito democratico, Maria Spilabotte, si pone come principale obiettivo il contrasto alla criminalità organizzata. Regolamentare è, infatti, l’unica strada percorribile per combattere la piaga dello sfruttamento, della tratta e della riduzione in schiavitù di moltissime ragazze, il solo modo per ridare dignità e speranza di una vita alternativa a tutte le persone che vogliono uscire dal mondo della prostituzione. Il 4 marzo scorso, a margine della conferenza stampa tenutasi presso la sala Nassirya del Senato della Repubblica, la senatrice Spilabotte ha dunque illustrato il suo progetto legislativo, nato dall’esigenza di superare la legge Merlin che, sebbene da un lato ha avuto una portata epocale mettendo fine allo sfruttamento delle donne nelle ‘case chiuse’, dall’altro ha lasciato un vuoto normativo e, indirettamente, ha provocato l’inasprirsi del fenomeno, facendolo sprofondare ancor più nella clandestinità. Ecco perché occorre ‘rivedere’ una norma che, a 55 anni di distanza, non si pone più come una risposta efficace. Soprattutto, in termini di tutela sia delle donne che liberamente intendono esercitare questa professione, sia di quelle costrette a prostituirsi. Una regolamentazione della prostituzione, al di là delle distinte contaminazioni etiche e morali, è divenuto indispensabile: la sola alternativa possibile per combattere la criminalità organizzata, sconfiggere la piaga della tratta degli esseri umani, dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù. Occorre sottolineare che, ci piaccia o no, punire le prostitute o i loro clienti non elimina un fenomeno dotato di radici antropologiche antiche quanto la Storia del mondo e che, comunque, ha sempre dimostrato di sapersi riproporre in svariate forme. Da tali premesse, il progetto di legge S. 1201 opera innanzitutto una netta distinzione tra la prostituzione in quanto oggetto di coercizione e la libertà di scelta delle donne, degli uomini o dei ‘trans’ che intendono intraprendere questa professione. Nel primo caso, si prevedono misure di sostegno per chi vuole uscire dal ‘giro’ e pene più certe e severe nei confronti degli sfruttatori; chi, invece, liberamente e in piena coscienza, decide di farsi pagare per prestazioni sessuali non dovrà fare altro che comunicare questa scelta presso una qualsiasi CCIA (Camera di commercio, industria e artigianato) presente sul territorio. E sarà soggetto al pagamento semestrale di 6 mila euro per l’esercizio full-time e di 3 mila euro per quello ‘part time’. Fondamentale è l’autogestione dell’attività, per la quale è prevista anche la possibilità, per le operatrici del sesso, di associarsi e prestarsi mutuo soccorso. Il disegno di legge propone anche l’individuazione di ‘zone rosse’, ovvero dei siti territoriali in cui sarà possibile prostituirsi, introducendo il divieto assoluto nei luoghi pubblici. In linea con il principio della ‘mediazione dei conflitti’ e alla necessità di tutelare anche i cittadini, il divieto di esercizio della prostituzione è esteso anche a tutti i luoghi prossimi alle scuole, ai parchi pubblici, ai luoghi di culto e a tutti i luoghi frequentati da famiglie. L’inosservanza del divieto comporterà multe salate, sia per le prostitute, sia per i clienti. Infine, diviene obbligatorio l’uso del profilattico. Vi proponiamo pertanto una nostra intervista alla senatrice Maria Spilabotte, insieme alla quale abbiamo voluto approfondire le principali tematiche relative a un provvedimento che potrebbe rappresentare, finalmente, una ‘svolta laica’ di modernizzazione culturale importantissima per il nostro Paese.

Senatrice Spilabotte, lei ritiene sufficiente trasformare la prostituzione in una professione per combattere la criminalità organizzata e i fenomeni a essa legati, come per esempio la tratta di esseri umani, la riduzione in schiavitù e lo sfruttamento?
“Penso sia un inizio. Sicuramente, non avrà un impatto risolutivo immediato. Tuttavia, confermare lo status quo non permette certo di superare la situazione. Il problema non può essere affrontato nemmeno con un atteggiamento abolizionista criminalizzante, teso a punire le prostitute o i clienti che fruiscono dei loro servizi. Come evidenziano le stesse forze dell’ordine, un atteggiamento del genere favorisce solamente un ulteriore ‘sprofondamento’ del fenomeno nella clandestinità, tale da renderlo incontrollabile anche a chi, invece, queste cose deve farle emergere e combatterle sui territori. In questo modo, nel tempo si educherebbero anche i clienti a usufruire di prestazioni sessuali erogate dalle prostitute in ‘regola’. E sono sicura che si verificherebbe un calo naturale delle prestazioni clandestine. Anche perché il cliente che si reca da una prostituta non in regola e che alimenta, quindi, il mercato malavitoso, verrebbe punito penalmente”.

Le donne straniere che nel nostro Paese si prostituiscono sono spesso costrette a farlo: in che modo questo disegno di legge può aiutarle a liberarsi dai propri ‘aguzzini’?
“Già l’articolo 18 della legge n. 286 del 1998 dà la possibilità alle donne extracomunitarie di denunciare il proprio sfruttatore, di essere avviate verso un programma di recupero e di affrancamento dalla prostituzione e di ottenere un permesso di soggiorno necessario a intraprendere un percorso lavorativo. Inoltre, l’articolo 600bis del codice penale è rivolto alla tutela dei minori vittime di tratta, sfruttamento e pedo-pornografia. Quindi, le fasce più deboli di questa categoria sono già tutelate. Noi cerchiamo di fare di più: con la regolarizzazione tentiamo di far emergere la parte legale, cioè quelle prostitute che questa professione la vogliono esercitare consapevolmente, isolando, invece, quei casi che volontari non sono. Introduciamo anche una misura del codice penale, la quale prevede la confisca dei beni alle organizzazioni malavitose che traggono profitto dalla prostituzione. Confisca che andrebbe a nutrire sia il fondo sociale, sia un fondo speciale, istituito presso il dipartimento delle pari opportunità, proprio per offrire strumenti a queste donne - straniere o italiane - che vogliono uscire dal giro e avere un’occasione diversa, un’alternativa alla prostituzione. È quindi una legge che può camminare con le proprie ‘gambe’, reperendo risorse dal contrasto alla prostituzione coatta”.

Si possono erogare prestazioni sessuali a pagamento, purché l’attività si svolga all’interno di abitazioni ‘autogestite’: se non si tratta di un ritorno alle ‘case chiuse’ di un tempo, come possiamo definire questo nuovo genere di strutture? Si tratta di cooperative?
“Assolutamente sì, sono esattamente uguali alle cooperative di impresa, così come stabilite dal codice civile: un lavoro autonomo in tutto e per tutto. Ciò consentirebbe alle donne di offrirsi un mutuo e reciproco soccorso, ma anche di affittare un appartamento da gestire in comune. In questo modo potrebbero lavorare in un luogo più sicuro e protetto, scegliendo l’orario di lavoro e selezionando i clienti, quindi scoraggiando, man mano, la prostituzione nelle strade e tutti i rischi che questa comporta”.

Al chiuso di un’abitazione, il rischio di violenze e di costrizione non continua a sussistere?
“Le prostitute che operano nell’appartamento hanno la fortuna di scegliersi il proprio cliente grazie ai contatti avvenuti in precedenza. Per strada, invece, chiunque si fermi per chiedere prestazioni sessuali potrebbe essere un potenziale cliente. Inoltre, se in un’abitazione esercita più di donna, c’è appunto la possibilità di prestarsi soccorso nel caso di un cliente violento o di un cliente che non rispetta le regole. Ovviamente, non si può garantire una sicurezza totale. Ma nessuna donna, ormai, è al sicuro, da nessuna parte. Basti osservare i dati del femminicidio: spesso le donne sono vittime degli stessi compagni con cui vivono sotto lo stesso tetto. In ogni caso, noi ci impegniamo a offrire le condizioni migliori a queste donne”.

Enti locali e comitati di cittadini sono chiamati in causa per trovare un luogo ‘adatto’ al meretricio: crede sarà facile mettere tutti d’accordo?
“La legge stabilisce i luoghi in cui è severamente vietato esercitare la prostituzione. Luoghi e parchi pubblici, luoghi vicini alle scuole e luoghi di culto sono assolutamente intoccabili. I comuni, quindi, hanno la possibilità di concertare, insieme ai comitati di cittadini e a quelli delle prostitute, l’individuazione delle zone da destinare a questa attività. Sono le cosiddette ‘zone rosse’, che già esistono in tanti Paesi europei e che possono essere individuate se ci sono le condizioni e la volontà da parte di tutti gli attori. Altrimenti, si eserciterà dove si può, fermo restando il divieto nelle zone pubbliche, soprattutto quelle di passaggio per minori e famiglie. Il nostro è un tentativo di ‘mediazione di conflitti e di interessi’ in cui, però, vanno tutelati e difesi anche cittadini e minori”.

Viene cancellato il reato di favoreggiamento per il proprietario dell’immobile adibito a luogo di prostituzione, purché il prezzo dell’affitto non vari a seconda del numero di prestazioni: in che modo si può vigilare?
“Alle donne che vogliono esercitare questa professione, in Italia si dà, per la prima volta, l’occasione di liberarsi dagli sfruttatori. Se si finisce a dover dividere i propri guadagni con qualcuno, non si dovrà far altro che segnalare il fenomeno, denunciando la persona alle autorità competenti. Da questo punto di vista, noi le salvaguardiamo e forniamo tutti gli strumenti per essere tutelate. La forma della legalizzazione della prostituzione avviene solo attraverso l’autogestione. Quindi, nessuno deve e può guadagnare dai proventi delle prestazioni altrui. Un appartamento si può affittare ovunque: per questo le donne non sono costrette a sottostare alle richieste di un proprietario troppo esigente”.  

Adescamento, induzione e favoreggiamento senza fini di lucro sono depenalizzati. Severamente puniti, invece, tutti gli atteggiamenti ‘costrittivi’: quali principi hanno ispirato questa distinzione?
“Innanzitutto, abbiamo cercato di eliminare quei paradossi in cui si rischia di incorrere in questa attuale situazione di prostituzione deregolamentata, in cui prostituirsi non è reato, ma è reato, per esempio, accompagnare la prostituta sul luogo di lavoro, per cui un tassista sottoposto a eventuali controlli deve giustificare la sua posizione e può incorrere in una denuncia per induzione. Non possiamo vivere in un Paese con queste contraddizioni: nessuno va criminalizzato. Il fenomeno va regolamentato riconoscendo i diritti degli uni e delle altre. Soprattutto, il diritto a una vita dignitosa, a un’esistenza diversa, a un ‘riscatto’ della propria persona per chi lo chiede. Per questo occorrono regole certe per chi liberamente sceglie questo mestiere. E pene certe per chi costringe una donna a prostituirsi”.

Obbligatorio il profilattico, sul cui effettivo utilizzo è però impossibile vigilare: come scongiurare i rischi connessi ai rapporti sessuali non protetti?
“L’unico presidio contro la trasmissione delle malattie sessuali è l’uso del profilattico. Il certificato è solo un palliativo che usano gli ‘aids-fobici’, ma che non risolve il problema, perché il periodo di incubazione della malattia è di 3 mesi circa. Per cui, una donna che effettui il test la mattina e che abbia un rapporto non protetto il pomeriggio rischia di non sapere di essere infetta e di contagiare il cliente. Per questo motivo abbiamo pensato a una legge che renda obbligatorio l’uso del profilattico, perché i rapporti con le prostitute devono essere assolutamente protetti. E l’obbligo vale tanto per la prostituta, quanto per il cliente. Effettivamente, è impossibile vigilare sull’utilizzo, ma con l’obbligatorietà si afferma un principio importante: è la prima volta che una legge italiana potrebbe sancire la sua importanza e utilità. L’intervento sarebbe, quindi, anche culturale e di informazione, volto a sfatare un tabù persistente nella nostra cultura, quale l’uso del profilattico. Sono previste campagne pubblicitarie e distribuzione gratuita di profilattici nelle zone individuate all’esercizio della prostituzione, ma anche nelle scuole”.

Venti ore di insegnamento e informazione sessuale nelle scuole secondarie di primo grado: oltre a far comprendere i rischi sanitari connessi alla prostituzione, l’obiettivo è anche quello di creare una maggior coscienza e sensibilizzazione contro i pregiudizi sessuali e di genere?
“Assolutamente sì. È necessaria un’educazione a un approccio alla sessualità privo di tabù, un approccio alla diversità di genere che non sia discriminatorio degli orientamenti sessuali, che superi gli stereotipi di genere. Così come è fondamentale far prendere coscienza ai ragazzi dell’importanza dei presidi dei consultori sui territori. Sono tanti gli interventi che andrebbero fatti. Non possiamo pensare di superare il problema criminalizzando i clienti e considerando la prostituzione il male assoluto, o inculcando l’immoralità del profilattico. Occorre, invece, lavorare su un’educazione di tipo culturale, rivolta ai ragazzi. Io ho parlato di venti ore di educazione sessuale nelle scuole, ma a mio avviso sono poche: il minimo pensabile. Tuttavia, è un inizio per un Paese che, anche in questo, è molto indietro rispetto ad altri Stati europei”.

Le modifiche alla legge Merlin quali aspetti hanno riguardato?
“Penso che la legge Merlin abbia rappresentato una grande ‘svolta’ per tutte quelle donne che si sono affrancate dallo sfruttamento. Ma il fenomeno non è scomparso. Anzi, dopo 55 anni ha subito ‘involuzioni’ pericolose, per cui bisogna cercare di governarlo diversamente. Non abbiamo abrogato quella legge, ma solo alcuni aspetti che ci sembravano non essere in grado di garantire il diritto all’autodeterminazione della persona. Tutto il resto è affrontato penalizzando e inasprendo le pene per i reati più gravi, come lo sfruttamento, la tratta e la riduzione in schiavitù. Spero si comprenda che si è voluto agire su questo versante piuttosto che su altri”.

Pensa che il disegno di legge, al momento in seduta d’esame, verrà approvato?
“Sono ottimista: potrebbe arrivare alla fine del suo iter, anche se ricordo che la legge Merlin impiegò 9 anni per essere approvata. E ci sono volute due legislature. Ma penso che, oggi, i tempi siano maturi per una presa di coscienza ben diversa del problema e che, quindi, il provvedimento dovrebbe essere già ‘incardinato’ in commissione Giustizia”.


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Vittorio Lussana - Roma/Milano/Bergamo - Mail - domenica 16 marzo 2014 17.14
RISPOSTA AL SIGNOR NAPOLITANI: gentile lettore, noi non crediamo che la linea proibizionista possa, nell'arco di un certo numero di anni, eliminare totalmente la prostituzione: è una pratica che esiste dagli albori del mondo ed è utopico pensare di riuscire un giorno a debellarla. La Storia stessa lo ha dimostrato: essa si ripropone in svariate forme e modalità, sempre e comunque, anche quando viene sanzionata pesantemente. Anche la soluzione nordica da lei prospettata non elimina il problema: vada bene a leggersi i dati dell'Unione europea intorno a questo tipo di fenomeni sociali. Dunque, le confermiamo che ci appare assai più laico e giusto trovare il modo di regolamentare la prostituzione, affinché chi esercita tale pratica non debba stare in mezzo alla strada, o subire lo sfruttamento di mafie e malavitosi senza scrupoli. E ci sembra laico e giusto tentare una simile evoluzione, di destra o di sinistra che sia, piuttosto che continuare a voler nascondere la polvere sotto al tappeto, o rimanere legati a un'idea utopica e moralista della sinistra stessa. Sono esattamente questi gli ingessamenti concettuali e di mentalità che stanno bloccando questo Paese, a destra come a sinistra. Cordiali saluti. VL
Pier Daniele Napolitani - Pisa - Mail - domenica 16 marzo 2014 15.35
Non vedo cosa ci sia di "laico e giusto" nel ripristinare la legalizzazione della prostituzione. Mi sembrerebbe molto meglio seguire il modello nordico, che punisce il cliente.

Ma tant'è. È cosa laica e giusta accettare che una donna, o uomo o trans si prostituisca, accettare che i rapporti sessuali a pagamento siano normali, magari da incentivare ... dopo vent'anni di berlusconismo non c'è da meravigliarsene.

C'è però da meravigliarsene che lo si voglia far passare come un superamento in avanti della legge Merlin, come una cosa "di sinistra".

Povera Merlin... si rivolterà nella tomba!


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