Gaetano Massimo MacrìQuando si parla di Resistenza italiana, accade spesso che si accenda un dibattito infinito sull’interpretazione storica più corretta. Vero è che, al suo interno, dovettero convivere anime ideologicamente e politicamente differenti o, peggio, contrastanti: cattolici, comunisti, liberali, monarchici, repubblicani. Così, ogni ‘inquadratura’ offerta oggi da libri e giornali  sul fenomeno partigiano, spesso è frutto di un obiettivo ristretto, se non troppo di parte. Il progetto fotografico Articolo 11 (Volti della Resistenza italiana 1943 – 1945) di Andrea Brera, offre invece, per la prima volta, un’unica inquadratura diretta, quella dell’obiettivo fotografico, grazie a cui i protagonisti della Resistenza, immortalati sulla pellicola, si riuniscono ancora una volta, almeno idealmente, nel ricordo e nel monito di quel tragico periodo. È come se, tutt’a un tratto, davanti alla macchina fotografica, certe differenze e determinate dietrologie siano state messe ‘fuori campo’, restituendoci l’immagine più nitida dei volti che hanno fatto la Storia. Osservando quei visi nudi e rugosi, si percepisce il senso di una vecchiaia che subito evapora alla lettura dei nomi di ciascuno, seguiti dai ‘battle name’, i nomi di battaglia. Di eroi in qualche modo stiamo parlando: gente che ha lottato, che ha partecipato alla liberazione di un Paese, l’Italia, che oggi ripudia la guerra e lo fa per Costituzione, come è inciso nell’articolo 11 (da cui il titolo del reportage). Andrea Brera, milanese, non è un fotografo professionista, ma da oltre vent’anni utilizza la macchina fotografica, sfruttando vacanze e ritagli di tempo. Dal 2007 ha iniziato a dedicarsi anche a lavori con sfondo sociale. Articolo 11, recentemente pubblicato dalla rivista internazionale di fotografia ‘Private’ (clicca qui) è un progetto che ritrae chi, a diverso titolo, si è opposto attivamente e ha partecipato alla liberazione dell’Italia dalla dittatura fascista e dall’occupazione nazista. Dalla Resistenza sono nate la Repubblica e la Costituzione italiana. Quel che ha raccolto, la fatica che ha affrontato, le motivazioni che lo hanno spinto a lavorare sull’argomento e l’esperienza coi sopravvissuti di settant’anni fa, Andrea Brera ha voluto raccontarcelo in questa intervista.

Andrea Brera, innanzitutto perché questo tema: la Resistenza? Cosa sperava di ottenere?
“Perché penso sia importante per il Paese, specie in questo momento storico. E poi esistono documenti, libri, ma non reportages sulla Resistenza. Io, almeno, non ho mai visto lavori fotografici ‘mirati’ sull’argomento. Questo, diciamo, è stato il mio modo di raccontare la Resistenza”.

In che modo è riuscito a rintracciare i protagonisti?
“Non è stato facile: si trattava di individui all’inizio diffidenti, persone di quasi 90 anni che hanno partecipato alla guerra. Li ho rintracciati tramite l’Istituto pedagogico della Resistenza e l’Anpi provinciale di Milano. Loro mi hanno dato i nominativi e io li ho chiamati singolarmente”.

Dall’incontro sono poi nati gli ‘scatti’: può raccontarci questi momenti?
“Sono stato nelle loro abitazioni ed è là che ho scattato le fotografie. Sedersi a tavola, farsi due chiacchiere, ascoltare le loro storie sulla Resistenza ha creato intimità, uno scambio che mi ha permesso, a quel punto, di ‘trasportare’ il tutto in immagini”.

Ognuno ha trasmesso qualcosa, ma c’è un ‘filo conduttore’ particolare che lega uno scatto all’altro?
“Il filo conduttore c’è: intanto hanno dato tutti prova di una modernità di pensiero, di un’apertura mentale che mi ha molto sorpreso. Poi è risultato palese il loro odio nei confronti della guerra. Infine, ho captato un messaggio su quanto le idee possano unire le persone, mentre, assai spesso, sono le persone stesse che rompono questa armonia. La pace o la guerra è tutta lì. Questo concetto non me lo hanno esplicitato in maniera chiara, ma si intuiva bene dai loro discorsi”.

Qualche episodio in particolare?
“Beh, ricordo di una persona che manifestava un convinto senso di colpa per la strage di Sant’Anna di Stazzema. Avvertiva la responsabilità, nonostante la vicenda abbia poi avuto anche un epilogo giudiziario (il Tribunale militare di La Spezia ha accertato e condannato, nel 2005, dieci ex SS responsabili del massacro, ndr). E poi, spesso, è successo questo: qualcuno, vedendo le foto che avevo già scattato e che mi portavo dietro, ha riconosciuto un compagno di cui aveva persole tracce. “Ma questo lo conosco”, mi è capitato di sentirmi dire. Ecco, in qualche modo con questo lavoro li ho riuniti idealmente”.

Perché, secondo lei, alla fine questi ex partigiani hanno deciso di lasciarsi fotografare?
“Li ha spinti la causa che sposarono settanta anni fa’: hanno amato quella causa, ci hanno creduto e, ancora oggi, quei loro volti da ‘reduci’ apparentemente placidi, mostrano occhi che sembrano guardare lontano, indietro nel tempo. Osservarli e andarsi a leggere il testo dell’articolo 11 della Costituzione derivato da quella loro lotta è un modo per dare un senso a un pezzo importante della nostra Storia ripercorrendolo per immagini, dunque sintetizzato meglio di migliaia di parole. I volti della Resistenza sono quel che rimane alla fine di ogni storia, al netto di rancori e risentimenti: la verità…”.


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luigi brera - saronno,italiia - Mail - giovedi 3 ottobre 2013 23.26
La memoria storica rappresenta una ricchezza per un popolo che ha dovuto vivere momenti di guerra dove uomini dello stesso paese,fratelli nella vita di ogni giorno, si sono trovati per la loro idea gli uni contro gli altri consapevoli di voler essere fedeli a se stessi fino alla morte.Oggi, più di ieri, è necessario per un desiderio lecito di pacificazione avere pietà per i " vinti"Il dramma è stato vissuto da tutti senza poi perdere la speranza di giungere alla conquista di un mondo migliore per i loro figli.La guerra sarà sempre un monito per restare uniti nella "diversiità"Grazie Andrea per il bel lavoro e per la commozione che susciterai agli uomini della mia tarda età che hanno vissuto il "dramma";onore per i l sangue dei vinti e soprattutto per i vinciitori.che fino in fondo ci hanno creduto!


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