Massimo FilipponiIl Paese sta vivendo una condizione sociale in cui, per far fronte ad atteggiamenti demagogici, ogni forza politica sta cercando di inculcare nella gente tipologie di emergenze non per quelle che realmente esse sono, ma in base a quelle che qualcuno vuol far credere che esistano. La vera emergenza è il diritto di vivere e non di sopravvivere, che bisognerebbe cambiare il modello culturale, politico e sociale su cui è basato il nostro concetto di società. Non si sentono minimamente utilizzare, dai nostri rappresentanti politici, idee e concezioni inerenti alla collaborazione, alla cooperazione, alla mutualità delle risorse. Oggi, ci si affretta a sostenere che l’unico dogma neologico e concettuale è il termine ‘competitività’: il mercato deve essere competitivo, i lavoratori devono essere competitivi, le risorse devono essere competitive, la sanità deve essere competitiva, i servizi devono essere competitivi, tutto deve essere competitivo. Ma competitivo verso chi? Verso se stessi? Verso i mercati? E quali sarebbero le regole effettive e il campo di battaglia di questa competizione? Un uomo ha l'obbligo di morire di fame, perché magari una macchina è più competitiva di lui? L'Imu è stata sospesa con la scusante che l'80 per cento degli italiani possieda la prima casa: è falso! Meno del 30 per cento è proprietario dell’immobile in cui vive, in piena contraddizione di come resti così forte l'emergenza casa in tutta Italia. C’è gente che vive frugando tra i cassonetti per rivendersi gli oggetti che trova. Vengono negate reversibilità pensionistiche a persone realmente aventi diritto, ma poi abbiamo oltre 10 mila soggetti che godono di singoli vitalizi che, cumulati tra loro, arrivano a superare i 45 mila euro mensili. Accordi sottobanco tra consulenti privati che non versano contributi, ma poi percepiscono pensioni d'oro. Cani nei canili che, invece di essere sterilizzati, vengono ‘castrati’ perché costa meno. Come dire: la vita in funzione del reddito e della finanza e non viceversa. Gente che non può permettersi neanche il ticket sanitario, ma neanche viene esentata. Finanzieri e industriali a cui vengono bloccati i patrimoni personali per indagini in corso, ma non il patrimonio dell'azienda, bensì quello personale e si permette di ricattare lo Stato mandando per strada 1400 persone. Se alcune di queste si suicidassero, chi indagherebbe tali imprenditori per omicidio? Nessuno: è la competitività. Al popolo si chiedono sacrifici, le tante disfunzioni della macchina della giustizia colpiscono tutti noi e i cittadini spesso le accettano, sia come vittima, sia come consenso. Ma che società è quella che permette a chi si atteggia a novello Ghandi o a tardivo emulo di Socrate di non voler accettare una condanna giunta sino al terzo grado di giudizio, facendo scendere in piazza i suoi accoliti solo per interessi propri? Che società è quella che condanna a priori chi non riesce a far fronte alla vera ingiustizia di una vita di forti disagi per tutti e neanche fa nulla per porre magari un provvisorio rimedio, mentre si interessa unicamente a far apparire tutto ciò come un periodo transitorio di male necessario? Se noi non mangiamo e i politici ci promettono da qui a 5 anni tempi migliori, noi che moriremo prima quando mai li vedremo? Quando entro i prossimi 5 anni, gli ultimi pensionati che con la loro misera pensione mantengono figli e nipoti non ci saranno più, solo allora questo sarà uno Stato veramente scellerato? E se un giorno un popolo esasperato, ridotto a un occultato stremo, con i suoi figli più energici, ribelli a questa ingiusta e assassina situazione, si armerà e farà tamburi con la pelle di simili fautori di tale sistema, adeguandosi alla competitività, ma questa volta con le regole d un popolo, quale tribunale o giustizia li potrà condannare?


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio