Mauro Del BueFino al 1966 eravamo diversi dai socialisti europei. Addirittura, fino al 1956 preferivamo i comunisti ai socialdemocratici e Mosca a Stoccolma. Poi con l'unificazione Ps-Psdi rientrammo nell'alveo del socialismo europeo e mantenemmo questa collocazione anche dopo la scissione del 1969. Durante il ventennio craxiano scegliemmo i socialisti tedeschi e dubitammo di quelli francesi. Poi, alla fine degli anni ottanta, prospettammo un socialismo liberale e un'Internazionale aperta anche ai partiti democratici e progressisti. Dopo la fine del Psi i vari microcosmi socialisti hanno sempre mantenuto, il Si, lo Sdi, il Psi, ma anche il Nuovo Psi, uno stretto legame col socialismo europeo, col Pse e con l'Internazionale. Lo hanno fatto anche quando il Pds, poi Ds, venne riconosciuto come forza italiana espressione del partito del socialismo europeo. Come mai i socialisti italiani, se solo questo li distingueva dai post comunisti, non hanno aderito ai Diesse, quando questi ultimi si sono ufficialmente dichiarati parte integrante del socialismo europeo? Evidentemente non solo questo li distingueva dai post comunisti. È evidente che la ragione di sopravvivenza di un simbolo socialista è divenuta in Italia ancora più marcata da quando i post comunisti, unendosi coi post democristiani, hanno dato vita al Pd, uscendo dal Partito socialista europeo. E questa ragione, assieme a quella della laicità, è divenuta preminente nel rifondato Psi. È dunque giusto che oggi il Psi lanci un appello per le elezioni europee, ma il 30 luglio potrebbe cambiare lo scenario politico italiano e anche il calendario delle elezioni, e sostenga la necessità che le forze politiche italiane si schierino in modo omogeneo con quelle europee e dunque che Pd e Sel si esprimano con chiarezza anche sul voto al presidente della Commissione. Credo che questo possa avvenire senza però, purtroppo, mutare il carattere anomalo della loro esistenza. Difficile davvero ipotizzare che si possa formare una sola lista dei partiti che dovrebbero sostenere Martin Schultz. La nostra storia, la nostra particolare elaborazione degli anni ottanta, ci hanno portato peraltro assai vicini alle forze liberali, laiche e radicali. Il nostro socialismo è divenuto liberalsocialismo. I testi più letti sono stati Carlo Rosselli, ma anche, per attualizzare il tutto, Martelli e Bettiza. Non certo Marx, e nemmeno Bertinotti. Questo noi siamo, credo. Socialisti europei, ma anche liberalsocialisti italiani. Non perdiamo la bussola, per favore.


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