L’On. Chiara Moroni è Capogruppo della componente del Nuovo Psi alla Camera dei Deputati.

On. Moroni, questo famigerato ddl sulla procreazione medicalmente assistita passerà anche al Senato malgrado i tentativi di bloccare quella che da più parti è stata definita una normativa proibizionista, clericale, illiberale, addirittura incostituzionale?
“Sinceramente, non so se la proposta sulla procreazione passerà, anche al Senato, nella forma in cui è arrivata. Di certo continuerò ad impegnarmi perché si tenga conto delle osservazioni e delle valutazioni che sono giunte da diversi parlamentari e da molti ambienti politici e culturali del Paese, da tante realtà diverse tra loro ma convergenti nel criticare l’impostazione iniziale data al progetto sulla procreazione. In questo senso, mi pare che vadano registrati alcuni accenni di cambiamenti nel merito o, comunque, diversi, interessanti e importanti momenti di riflessione”.

Chi sta rischiando di perdere questa ‘battaglia’: le donne, l’identità laica dello Stato italiano, il Parlamento stesso? E chi o cosa, invece, potrebbe avere partita vinta?
“Mi auguro che non si affermi, nell’affrontare il confronto sulla procreazione, una logica di mero scontro tra cultura e mondo laico e quello cattolico, poiché ciò non è utile che avvenga, almeno non con le categorie di riferimento tradizionali che credo siano, o almeno dovrebbero essere, relegate al passato, ad una società diversa da quella attuale. L’identità laica dello Stato non credo possa essere messa in discussione: sarebbe un controsenso storico e velleità di questo genere sarebbero da considerare non tanto come conservatrici e neanche reazionarie, ma semplicemente antistoriche, fuori dalla realtà. Non è solo lo Stato, ma l’intero Paese che, ormai da anni, ha acquisito una mentalità ed una cultura laica, riconosciuta, vissuta e fatta propria anche dalla stragrande maggioranza dei cattolici. In questo senso, basterebbe pensare alla secolarizzazione di molti simboli tipici della cultura cattolica e cristiana, il che, al di là di altri aspetti, ha comunque favorito una più larga condivisione culturale tra laici e cattolici. Laici e cattolici hanno compiuto, negli anni, un’evoluzione importante, che è coincisa con una vittoria per l’intera nazione. Sulla procreazione, credo sia bene augurarsi un’evoluzione del genere, poiché è necessario capire che il sentimento e l’ideologia di ciascuno di noi non può essere imposta all’intera comunità. In ciò, deve essere molto attento soprattutto chi riveste il ruolo di legislatore, affinché non venga utilizzata tale responsabilità per imporre una visione unica - rispondente a propri ideali - all’intera comunità. Su determinate questioni deve prevalere il ruolo istituzionale del legislatore e non credo che il voto popolare possa legittimare i parlamentari a trasformare in legge la propria etica personale, rendendola, così, regola morale imposta alla collettività”.

Come giudica il testo di legge approvato dal governo rispetto alle normative in vigore nel resto d'Europa?
“L’Europa non è solo un grande obiettivo politico. Può essere, in alcuni casi, anche uno stimolo propositivo, un termine di paragone utile per uno sviluppo coerente”.

Proprio sulle pagine di questo giornale, tempo fa lei spiegò che il divieto di congelamento degli embrioni, previsto dal ddl 1514, renderà gli interventi di fecondazione più dolorosi, pericolosi ed altamente invasivi per le donne: vuole spiegarci meglio perché?
“Proverò ad essere concisa, anche se l’argomento risulta complesso e delicato: il prelievo degli ovuli è una procedura altamente invasiva, che deve essere preceduta da una fortissima stimolazione ormonale. Non è affatto una procedura medicalmente semplice e sottopone la donna ad una condizione di forte stress, emotivo e fisico. Una volta prelevato, l’ovulo viene poi fecondato in vitro e si forma l’embrione. Non tutti gli embrioni formati, però, sopravvivono e non tutti possono essere trasferiti nell’utero. Non potendo perciò congelare gli embrioni, diviene necessario sottoporre la donna ad altri prelievi. E’ per questo motivo si congelano gli embrioni: per evitare, nei limiti del possibile, ad una donna, di patire sofferenze evitabili. In buona sostanza, se si vuole affermare uno statuto giuridico dell’embrione, se si vuole cioè riconoscergli il diritto alla vita, si deve ricordare che esistono anche i diritti della donna, alla sua libertà e alla sua autodeterminazione”.

Ragioni della Chiesa contro il principio di laicità dello Stato, coscienza e fondamenti etici contro libertà e stato di diritto. Per dirla con Anna Finocchiaro, una legge costruita “con lo sguardo rivolto al cielo piuttosto che a terra”, che segnerebbe, insomma, un deciso sconfinamento delle convinzioni religiose nella sfera politica. Il disegno di legge in questione risponde unicamente alle esigenze dell’attuale maggioranza di governo di ‘rinvenire’ un dialogo privilegiato con le gerarchie cattoliche, o c’è di più?
“Ma no, prima di tutto, l’idea di rinvenire una ricerca di dialogo privilegiato con le gerarchie cattoliche mi sembra non sia imputabile in maniera così netta all’attuale maggioranza di governo e, a quest’eventuale volontà, io non darei un senso a prescindere negativo. Inoltre, all’interno della maggioranza si sono evidenziate, su questo tema, posizioni diverse e variegate, così come nell’opposizione, dove mi pare siano in molti a sostenere l’attuale impostazione del progetto. Da ciò dovremmo forse dedurne che una parte dell’opposizione è alla ricerca di un rapporto privilegiato con le gerarchie ecclesiastiche? Sinceramente, su pochi altri temi si è verificata una convergenza e una diversificazione tanto trasversale, più legata a una visione e ad una formazione culturale di singoli parlamentari la quale, tuttavia, non può venir imposta attraverso la ricerca di maggioranze interne alle aule o all’intero Paese. Non è questo il compito del legislatore. D’altra parte, mi pare anche logico, per diversi motivi, che i rappresentanti dello Stato italiano curino con attenzione i rapporti con le gerarchie ecclesiastiche e sarebbe irresponsabile non farlo. A meno che, non si voglia dare all’identità laica una connotazione squisitamente anticlericale, benché i tempi del Kulturkampf mi appaiano superati. Infine, riguardo al suo riferimento all’On. Finocchiaro, non credo che negli anni di governo del centrosinistra non si sia cercato, anche da parte loro, un rapporto costruttivo con il Vaticano: la laicità dello Stato non è in discussione, non deve esserlo. Ciò va ben al di là di qualsiasi ragionamento legato a maggioranza e opposizione. Come legislatori dobbiamo rifuggere dal rischio di fare una legge etica: abbiamo invece il dovere di fare una legge che garantisca i cittadini dal punto di vista della qualità e della sicurezza delle prestazioni tecnico sanitarie offerte, una normativa, cioè, che metta al riparo da forme scorrette di mercato e di mercificazione che si potrebbero sviluppare. Non penso che il legislatore abbia il diritto di imporre scelte morali ed etiche alla collettività e sono convinta che si debba ideare una norma che garantisca tutti i cittadini, indipendentemente dalle diverse concezioni religiose o dalla assenza di convinzioni religiose di sorta. Sinceramente, al di là di qualsiasi contrapposizione ideologica, sono convinta che, riguardo alla procreazione e non solo, la possibilità di fare una buona legge risieda nella convinta affermazione dell’imprescindibile laicità dello Stato e della legge medesima. Questo principio è una garanzia per tutti e non può essere considerato una rivalsa o una minaccia, poiché è l’unico modo per evitare che le convinzioni morali di alcuni si affermino, in quanto regola etica e morale, per tutti. In uno Stato moderno di diritto, in una democrazia avanzata, questo non può avvenire”.

Si è parlato di sottese strumentalizzazioni della legge: il disegno di legge conferirebbe per la prima volta uno status giuridico all’embrione e i diritti del concepito sembrano entrare in conflitto diretto con quelli della madre, fin quasi a prevalere. E’ un primo passo verso il vero obiettivo, ossia una futura revisione della 194, la legge sull’aborto?
“Mi auguro davvero di no. Sinceramente, non mi pare utile, né opportuno, legittimare con una legge una sorta di competizione di diritti tra il genitore e il concepito. Prescrivendo infatti in senso assoluto, come si faceva nel testo di proposta licenziato dalla commissione, il diritto a nascere del concepito, ci si pone in netta contrapposizione con la legge 194, che consente alla donna l’interruzione volontaria di gravidanza. Una legge, la 194, di libertà avallata da un referendum popolare e voluta anche da moltissime donne cattoliche”.

La proposta prevede inoltre, al primo comma dell’articolo 13, il divieto di sperimentazioni scientifica su ciascun embrione umano, e al terzo comma dello stesso articolo, il divieto di interventi di clonazione sia a fini procreativi sia di ricerca. E’ stato inferto il colpo di grazia alla libertà di scienza (e quindi di cura) in Italia?
“Si può costruire qualsiasi ostacolo e alzare ogni tipo di barriera, ma la libertà di scienza non sarà mai vincolata. È il progresso, l’attitudine umana alla ricerca e alla scoperta; la ragione che ha spinto Galileo a rivolgere lo sguardo al cielo quando agli uomini veniva imposto di tenere il capo chino; la forza che ha portato Cristoforo Colombo oltre i mari; è l’uomo stesso, che guardandosi dentro, continua ad andare avanti; è lo spirito dell’essere umano. La libertà di scienza e di ricerca non avrà mai fine, non sarà mai doma, poiché se un giorno ciò dovesse accadere, la conseguenza immediata sarebbe l’estinzione. Certo, però, per evitare oggi errori irreparabili, considerate le enormi potenzialità della scienza, è bene che il legislatore rifletta con spirito critico, senza paraocchi ideologici, sulle regole eventuali e sul modo di governare il progresso, affinché si trasformi davvero in sviluppo sostenibile e non sia un pericoloso salto nel buio”.

Tuttavia, nella norma la fecondazione assistita è ammessa, ma nel concreto non viene finanziata dallo Stato: il fondo speciale previsto coprirà, infatti, circa 300 delle 25 mila richieste di intervento l’anno. La scusa è che la sanità è allo sbando, che i soldi non ci sono e che lo Stato non può permettersi di ‘passare’ i figli in provetta. D’altra parte, però, acconsente che la sanità privata li offra sul mercato e sorge il dubbio che, dietro la questione etica, si nasconda un business e una nemmeno troppo velata intenzione di spianare il terreno alla gestione privatistica, sia della sanità italiana, sia del sistema delle assicurazioni. Lei cosa ne pensa?
“Sono convinta che sanità pubblica e privata debbano saper convivere e collaborare e non mi piace l’idea di una competizione tra le due realtà. Per quanto mi riguarda, il mio sforzo principale è lavorare per migliorare l’offerta e la qualità del servizio sanitario nazionale: per me la sanità pubblica è un bene prezioso che va tutelato e salvaguardato, se necessario difeso anche con forza”.

Lo scorso 23 settembre, insieme ad un gruppo ‘bipartisan’ di deputate e senatrici avete inscenato una protesta al Senato, esibendo magliette con la scritta "Nessuna legge contro il corpo delle donne". La reazione in aula è stata piuttosto pesante: un residuo di maschilismo imperante nelle istituzioni, secondo lei, o esasperazione dovuta al clima oscurantista creatosi attorno a questa legge?
“Superficialità e mancanza di conoscenza reale della questione, forse, unite alla sorpresa di vederci in aula. Credo che quella iniziativa abbia avuto il grande merito di far comprendere come la questione della procreazione fosse estremamente delicata e particolarmente sentita nel Paese. Non è solo una questione tecnica. Poi, magari, ci sarà stato, sullo sfondo, il persistere di una cultura maschilista, che a volte riemerge e con cui, nel nostro Paese, ma non solo, si deve sempre fare i conti. Certamente, non è stato un bello spettacolo”.

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