Ilaria CordìL’epatite è un’infiammazione che colpisce il fegato. Essa si suddivide in diverse tipologie, ma quella conosciuta come epatite di tipo ‘C’ è causata da un virus denominato HCV - genere Hepacivirus, appartenente alla famiglia delle ‘Flaviviridae’ – che attacca il nostro sistema immunitario, creando gravi danni al nostro corpo. Questa patologia è stata scoperta solo alla fine degli anni ’80 del secolo scorso ed è stata la causa di numerosi decessi in questi ultimi decenni. Grazie a ricerche di laboratorio è subentrato un trattamento specifico in grado di debellare questo flagello epatico. L’eventuale cura si sarebbe dovuta basare sulla combinazione di due farmaci specifici: ‘l’interferone peghilato alfa’, un principio attivo antineoplastico e immunomodulatore, insieme alla ‘ribavirina’, indicata per specifiche infezioni virali. Tale combinazione crea, tuttavia, nei pazienti numerosi effetti collaterali, quali encefalea, rash cutanei e malattie autoimmuni. Si tratta, infatti, di una malattia complessa, difficile da combattere. Ma ciò ci rassicura è che vi sono numerose equipe di medici pronti a cercare una cura definitiva all’epatite di tipo ‘C’ e a tutti gli altri tipi di epatite esistenti in campo medico. Una prima risposta ci arriva dal congresso annuale della ‘American Association for the study of the Liver Diseases’ di Boston la quale, a metà dello scorso mese di dicembre, ha organizzato il ‘Liver Meeting 2012’, in cui i migliori esperti del campo hanno proposto una possibile cura del malato senza l’aiuto del dannoso interferone. Il trattamento ‘interferone-free’, mediante l’utilizzo di pillole specifiche sperimentato su alcuni pazienti affetti dalla patologia, ha dimostrato che il virus viene debellato del tutto, soprattutto in coloro che con la cura ‘immunomodulatrice’ non hanno presentato miglioramenti evidenti. I nuovi farmaci ‘Telaprevir’ e ‘Boceprevir’, già utilizzati per i malati di HIV e presentati durante la ‘Conference on Retroviruses and Oppurtunistic infection’, tenutasi a Seattle nei primi mesi del 2012, hanno riportato un miglioramento dei pazienti affetti di circa il 30%, secondo quanto dichiarato dalla comunità scientifica presente al congresso. Che l’America sia sempre un ‘passetto’ avanti al resto del mondo lo sappiamo bene, soprattutto quando parliamo di ricerche nel campo della salute. Ma quello che dovremmo chiederci è: l’Italia in quale situazione si trova? Il 28 novembre scorso, il ministero della Salute ha diramato un comunicato in cui è stato annunciato che la lotta all’epatite virale sta compiendo grandi passi avanti. Secondo il dottor Giuseppe Ruocco, che ha presieduto la conferenza stampa, occorre aumentare la sensibilizzazione nei cittadini, i quali la maggior parte delle volte ignorano le modalità di contagio e i primi sintomi della malattia. La campagna ‘antiepatite’ si fonda su uno slogan penetrante: “E’ più vicina di quel che pensi. Non ignorarla: l’epatite è una malattia potenzialmente fatale, che affligge una persona su 12 nel mondo, ma raramente si manifesta con sintomi evidenti. Questa è l’epatite: conoscila, affrontala, fai il test”. Forse siamo di fronte a uno slogan piuttosto ‘crudo’, ma che di certo scuote movimenti d’animo sulle possibilità d’infezione. In ragione di ciò, il 3 dicembre 2012 si è tenuta una conferenza organizzata da ‘i-think’ - Associazione culturale per l’arte e il territorio – in merito alle ‘Riflessioni sullo stato dell’arte dell’HCV’, alla quale hanno partecipato i migliori luminari della malattia epatica. Da Raffaele Bruno – professore associato presso il reparto Malattie infettive della fondazione IRCCS del Policlinico San Matteo di Pavia - a Giampiero Maccioni - Segretario nazionale della Federazione LIVER POOL - ogni singolo intervento ha sottolineato l’importanza della prevenzione nei confronti della ‘sottovalutata’ epatite. E la cura? Bene, nei Paesi europei è ormai più di un anno che i due nuovi farmaci vengono somministrati ai malati di HCV, tutti con risultati soddisfacenti. Per ciò che riguarda l’Italia, i nostri ospedali dovevano esser già muniti di ‘Boceprevir’ e ‘Telaprevir’ ma, come spiegato dal senatore Ignazio Marino, il quale ha presieduto la conferenza di ‘i-think’, il ritardo della commercializzazione dei due medicinali nel nostro Paese è dovuto al fatto che, nei retroscena, vi è una complicata procedura negoziale, che non determina ancora il prezzo dei farmaci e la rimborsabilità da parte del sistema sanitario, il che potrebbe ritardare l’entrata in scena della cura di ancora 12 mesi. Questo è certamente un tempo inammissibile per coloro che, disgraziatamente, stanno combattendo contro l’ostica malattia. Ma forse, riprendendo lo slogan dell’Epac Onlus, bisogna innanzitutto comunicare ai possibili malati di non contrarre l’epatite, poiché la cura è ancora troppo lontana e raggiunge livelli di costo inaccessibili (circa 40 mila euro). Oltre a ciò, cresce nell’opinione pubblica l’inquietudine per alcune notizie che cominciano a circolare in merito ai danni che la diffusione di questa e altre patologie sia avvenuta, nei decenni scorsi, attraverso trasfusioni per lungo tempo non sottoposte a controlli specifici, come denunciato in un recente libro-dossier dal titolo ‘Una strage di Stato ancora impunita’, redatto dal Comitato vittime del sangue infetto ed edito da Libertà Edizioni. Si tratta di un ‘disastro’, commesso a danno di migliaia di persone, che tuttora non ha riscontro sulla tutela della salute dei cittadini. Migliaia sembrerebbero essere, infatti, le vite spezzate per incuria e ancora in attesa di giustizia, a causa di una contaminazione sepolta sotto il silenzio delle istituzioni e dei mezzi d’informazione.


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