Francesca BuffoCarlo Patrignani è stato a lungo il principale giornalista economico e sindacale dell’Agenzia Giornalistica Italia (Agi). Nel corso della sua lunga esperienza professionale ha potuto individuare, approfondire e riconoscere le vere ‘tare’ di fondo del tessuto economico italiano e, oggi, divenuto uno studioso e uno scrittore acclamato dalla critica, sta cercando di porre all’attenzione dell’opinione pubblica l’attualità del pensiero di un grandissimo personaggio politico del mondo laico-riformista italiano: Riccardo Lombardi. Patrignani ha infatti già pubblicato, negli scorsi anni, un’importante saggio sull’indimenticato ‘ingegnere acomunista’, intitolata ‘Lombardi e il fenicottero’, edita da ‘L’asino d’oro’. I numerosi dibattiti seguiti a questa pubblicazione sono stati raccolti nel volume  ‘Diversamente ricchi’, edita da Castelvecchi: una serie di interventi autorevoli (da Susanna Camusso a Stefano Fassina, da Martin Shultz a Shayn McCallum, da Guglielmo Epifani a Gianni Pittella, da Catherine Trautmann a Giorgio Ruffolo) che “collegano il pensiero di Lombardi alle sfide della società contemporanea”, come ci ha spiegato Patrignani a margine della presentazione alla stampa di questo suo nuovo lavoro, avvenuta nei giorni scorsi presso la libreria Feltrinelli di viale Libia in Roma.

Carlo Patrignani, il suo nuovo libro, ‘Diversamente ricchi’, edito da Castelvecchi, recupera il modello economico ‘alternativo’ di Riccardo Lombardi: è questa la ‘ricetta’ giusta per la società di domani? E perché?
“E’ in corso nel Partito socialista europeo un’affascinante ricerca, iniziata il 25 novembre 2011 alla Progressive Convention di Bruxelles, sui valori fondamentali della socialdemocrazia del XXI secolo che coinvolge, oltre ai politici in senso stretto, intellettuali, economisti, storici e studiosi delle discipline sociali. Fermi restando i valori classici mai messi indiscussione, quelli della Rivoluzione francese, libertà, uguaglianza, giustizia sociale, solidarietà, la ricerca ruota attorno ad alcune parole e al significato che debbono avere oggi, per tentare di superare una devastante crisi finanziaria ed economica che sta minando alle fondamenta l’Unione europea e l’euro e costruire le ‘società progressiste’. Si tratta di parole come ‘benessere’ e ‘qualità della vita’ riferite, ovviamente, alle persone umane: ‘progresso’; ‘crescita’; ‘sviluppo sostenibile’. Perchè c’è ‘in ballo’ una sfida epocale, che è culturale e politica, in Europa, tra due modelli di società: uno, quello creato dal neoliberismo e dal capitalismo finanziario che tutto regolano in termini di denaro, facile guadagno, potere e carriera, consumismo sfrenato e individualismo esasperato;  l’altro, invece, da progettare e definire, che punta a mettere al centro ‘la persona umana’, con i suoi ‘bisogni materiali’ ma anche  ‘immateriali’, quindi la società come luogo delle insopprimibili relazioni umane, la cultura, la conoscenza, il sapere. In altre parole, la definizione di una nuova economia e di un nuovo modello di società che assumano - per la prima volta nella storia della sinistra - un aggettivo da sempre trascurato: umano”.

Dunque, il ‘vizio’ o il difetto di un modello capitalistico che ha sempre esaltato il superfluo e il bene voluttuario è il vero dato di fondo che ha generato una società vuota e inconsistente?
“Certemente. Si comincia infatti a parlare di ‘Humaneconomy’: è questo l’attuale ‘incipit’ su cui si stanno cimentando economisti e intellettuali. In questa affascinante ricerca, l’idea di Riccardo Lombardi - enunciata nel 1967 e un po’ da tutti riconosciuta come geniale - di ‘una società più ricca perché diversamente ricca’ che contiene in sè l’altra: ‘non meno consumi, più consumi, ma qualitativamente diversi’, ha trovato il suo habitat naturale. Perchè - diceva Lombardi - non si tratta di ‘vivere meglio’, quanto di ‘vivere diversamente’, disegnando così non una società ‘più povera’, sul modello ‘francescano’ e/o ‘monastico’, fatta di rinunce e sacrifici, ne’ una societa’ ‘austera’ e ‘triste’, ma appunto una società ‘piu’ ricca perché diversamente ricca’, certamente ‘sobria’ nell’uso delle risorse naturali, che non sono infinite, e quindi ‘più allegra’. Da notare che Lombardi non parlava di ‘felicità’, termine che non ricorre mai nelle sue elaborazioni, quanto di ‘crescita’ e di ‘sviluppo’ personali: ossia della formazione di una personalità e/o identità individuale, perché ognuno potesse decidere della propria esistenza e della propria vita. Per far ciò, andava radicalmente cambiato il modello di società capitalistico, attraverso le ‘riforme di struttura’ o ‘strutturali’, riforme non indolori, il cui costo, da qualcuno doveva esser pagato: certamente non dal popolo-lavoratore, ne’ dalle classi meno abbienti”.

Cultura, turismo, ambiente, nuova imprenditoria giovanile: alla fine, proprio le idee di Lombardi son quelle richiamate da tutto il mondo per una nuova fase di sviluppo. Ma perché ci siamo dovuti ridurre alla recessione globalizzata per comprenderlo tutti quanti?
“Lombardi sosteneva che il capitalismo andasse radicalmente cambiato perché divenuto “troppo costoso per noi, per l’operaio e per l’umanità intera”. Quel che andava cambiato dall’interno - e non quindi per ‘via rivoluzionaria’ armata - era il sistema e l’apparato produttivo: cambiare i ‘pezzi’ del ‘motore’ senza bloccare il motore! Assicurare obbligatoriamente quei ‘beni materiali’ universali legati alla sopravvivenza: una casa, un lavoro e un salario dignitosi, la salute fisica e psichica, ma al tempo stesso anche beni ‘immateriali’ universali, indispensabili alla formazione e realizzazione di una propria personalità: l’istruzione, il tempo libero, la cultura, la qualità della vita. Si pensi alla nazionalizzazione dell’energia elettrica, cavallo di battaglia di Lombardi dei primi anni sessanta: l’energia elettrica ‘bene materiale universale’ andava assicurata a tutti i cittadini. E questo compito spettava allo Stato, non al privato, cui si sarebbe potuta affidare la distribuzione ‘a valle’. Oppure, la scuola media dell’obbligo: tutti avevano il diritto di accedere allo scuola, allo studio. Oppure ancora allo Statuto dei diritti dei lavoratori, poiché la Costituzione era rimasta fuori dai cancelli delle fabbriche: ai lavoratori non arrivò un aumento salariale, ma come annotava Lombardi in una lettera del 1962 al presidente del Consiglio, Amintore Fanfani, alla guida di un monocolore Dc appoggiato dall’esterno dal Psi, “un bene più prezioso e pregiudiziale: un nuovo clima nei luoghi di lavoro, maggiore libertà sindacale e dunque politica, un maggiore potere”. E con lo Statuto, divenuto legge nel 1970, si introdusse “il metodo della concertazione”, ossia il riconoscimento dei sindacati come ‘soggetti politici’. Il governo Fanfani gettò così le basi, aprì le porte a una innovazione ‘diversamente ricca’...”.

La visione di Lombardi diviene preziosa perché comunque il mondo sta uscendo dal vecchio scontro ideologico tra socialismo scientifico e liberismo selvaggio?
“Più semplicemente, io direi che l’ingegnere ‘acomunista’ - ne’ filo, ne’ anticomunista - progettava un sistema produttivo che rendesse compatibile il lavoro per tutti (nessuno deve restar privo di lavoro) con il tempo libero: “Chi l’ha detto che bisogna lavorare sei giorni alla settimana per otto o nove o dieci ore? Si può costruire un sistema produttivo in cui si può lavorare tre giorni la settimana ma con il doppio di lavoratori, con una decurtazione del salario ma la disponibilità di un bene prezioso come il tempo libero per sé, gli altri, per fare l’amore”. Dunque, un lavoro di tre giorni alla settimana e non di sei, scandito su 24 e non 48 ore settimanali, comportava un salario inferiore, ma la disponibilità di altri beni più preziosi: il tempo libero; l’accesso alla cultura; una qualità della vita profondamente diversa, una vita di coppia o di famiglia più umana, perché magari entrambi avevano un lavoro e potevano, quindi, alternarsi nel cosiddetto ‘lavoro familiare’ seguendo passo passo i propri figli. Non c’era in questa visione lombardiana – e ciò va evidenziato e rimarcato - la rinuncia o il sacrificio di stampo religioso e cattolico. C’era, semmai, un uso più sobrio e attento delle risorse, una contropartita tra beni meno voluttuari e superflui e beni più preziosi, come il tempo libero, la qualità della vita e la cultura. Ovvio che questo progetto o modello di società per esser realizzato richiedeva un’alleanza tra tutte le forze politiche progressiste in Europa, a partire da un ‘programma comune’ tra socialisti e comunisti in Italia: la sfida culturale e politica era e non poteva esser altrimenti con il capitalismo e la finanza, con l’ideologia neoliberista.  Ma anche - erano i primi anni ‘80 - con la socialdemocrazia che mostrava i primi segni di cedimento di fronte all’offensiva neoliberista. Ci voleva un’inversione di rotta, un forte cambiamento nei rapporti tra le forze progressiste. “È qui che nasce la grande ipotesi socialista...[...] Ma chi ha detto che il socialismo è ormai scomparso dalle prospettive, che si tratta di un’idea invecchiata, che nessuno sa più definire in modo credibile se non come vaga aspirazione all’uguaglianza e alla giustizia? Oggi siamo all’apertura di una situazione in cui o si trova una soluzione socialista, oppure siamo alle barbarie: questa è la realtà delle cose”. Anche oggi, nel 2012, in vista delle Europee del 2014 resta valido, come lo è stato negli anni ’80, questo monito di Lombardi: o si trova una soluzione socialista, oppure siamo alle barbarie”.


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Renato Traquandi - Arezzo/Firenze - Mail Web Site - mercoledi 17 ottobre 2012 12.46
Mala tempora currunt, e non solo dagli Appennini a Acitrezza.
Secondo il mio parere cosa giusta è quella, allorchè si è smarrita la strada, avere il coraggio e la forza di tornare indietro, sui nostri passi, e ripartire dal momento in cui ci
si poteva basare su regole certe e sicure.
Constatato che, con i "derivati" "la fantasia al potere" del mitico sessantotto è una colossale sciocchezza, saper tornare sui propri passi non è dietrologia; ma semplicemente, riuscire a trovare il bandolo della matassa aggrovigliata.
Era il 1797 quando il giovane Melchiorre Gioia
scrisse " Quale dei governi liberi meglio convenga alla felicità dell'ìItalia", che andrebbe
letto e studiato per obbligo da chi ama "fare politica".
Così parimenti sia utile leggere a fondo Mazzini e Cattaneo, esponenti del repubblicanesimo risorgimentale italiano.
Ripartire dai moti piemontesi del 1821, da Ciro Menotti, da Piscane e Garibaldi, la sinistra storica italiana e l'interventismo; la azione politica della centrale di Lugano e la guerra civile spagnola, Pacciardi e le sue intuizioni.
Insomma, per guardare avanti è utile saper
conoscere i sentieri repubblicani, che sono
anti borghesi, anti clòericali, antifascisti e anti comunisti.
La riforma costituzionale in senso presidenziale,
la separarzione delle carriere dei giudici, capitale e lavoro nelle stesse mani, questione femminle e giovani, ambiente e libertà d'opinione,
Questo è il da farsi.

Renato Traquandi


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