Susanna SchimpernaItalia, popolo di eroi, santi, poeti, artisti, navigatori. Purché non rompano le scatole, non pretendano riconoscimenti, non abbiano bisogno di mangiare e non si ammalino. Per fortuna dalla lista possiamo depennare alcune categorie: gli eroi che di solito muoiono giovani, i santi in quanto appunto santi e quindi felicemente lontani da certe necessità, i navigatori perché gli armatori ci fanno sapere che non trovano marittimi (curioso, ne risultano 30 mila; ma di questa presunta sparizione parleremo un’altra volta). Restano quindi i poeti e gli artisti. Solo quelli al top delle classifiche dei libri e cd più venduti, però. Perché, vista la crisi della discografia e dell’editoria italiana, se scendono già soltanto di qualche posizione rischiano la fame. E guai ad ammalarsi, proibito invecchiare. La Siae, che fino alla fine del 2011 elargiva ai soci a partire dai 60 anni uno stratosferico assegno mensile di 615 euro, e aveva un fondo di solidarietà per tutti (indennità giornaliera per ricoveri), ha interrotto i versamenti. Di colpo. Senza neppure avvisare chi li riceveva. Con una delibera che ha valore retroattivo (inaudito), per cui chi aveva maturato il diritto per raggiunta anzianità, si è ritrovato (come nel caso di Tony Pagliuca, ex tastierista de Le Orme e da tempo compositore di musica classica contemporanea, che ha scritto in proposito una lettera aperta a Celentano), a non avere più nulla. Zero. Niet. Ci sarà la possibilità però, per questi Adpd, Aventi Diritto Privati di Diritto, di riscuotere a 65 anni un bel contributo. Certo, ci vuole un po’ di pazienza. E un requisito indispensabile: dimostrare una vera povertà, ovvero non superare gli 8.000 euro l’anno di reddito. Ma a quel punto le virtù della pazienza e dell’indigenza verranno lautamente premiate con un bell’assegno mensile di 116 euro. Al nuovo regolamento del Fondo di Solidarietà per gli associati, diffuso con un comunicato del commissario straordinario Siae nominato da Monti, Gian Luigi Rondi, gli autori hanno reagito con sbalordimento e indignazione. Duecento di loro hanno già firmato un appello (tra questi Dacia Maraini, Carlo Lizzani, Ettore Scola, Diego Cugia), ci sono riunioni delle varie associazioni, prese di posizioni singole e di piccoli gruppi. Rondi, da parte sua, ha sottolineato come ben prima del suo arrivo le autorità di vigilanza avessero rilevato come le prestazioni erogate dal Fondo di Solidarietà fossero in realtà avulse dalla solidarietà e avessero natura previdenziale. Questione di forma, insomma. Ma intanto i soci, unici ad aver diritto alla “pensione”, per anni si sono visti prelevare automaticamente il 4 per cento dalla Siae. E sia i soci (che sono 1.085) sia gli associati non si sono, logicamente, preoccupati di stipulare assicurazioni private perché sapevano di poter contare sui rimborsi del loro Fondo: quindi ora si trovano, dal punto di vista sanitario, completamente scoperti. Va a questo punto detto che la distinzione tra soci e associati fino all’anno scorso era netta. Per diventare soci, erano richiesti dei requisiti precisi (per esempio, se parliamo della categoria musica, occorreva aver pubblicato un certo numero di opere a stampa presso un editore musicale), grazie ai quali la qualifica attualmente spetta a 1.085 iscritti. Di questi, circa 500 percepiscono annualmente meno di 20 mila euro di royalties, e la maggior parte di essi (350) è sotto la soglia dei 5.000. Un assegno a 60 anni di 617 euro è davvero troppo? Forse invece di togliere l’assegno di professionalità (anzianità) a tutti, potrebbero ridarlo a questi 500 soci. Anche valutando la loro situazione di anno in anno: se un anno le tue royalties superano un certo tetto non ricevi il contributo, altrimenti sì. Oppure si potrebbero studiare altre formule. Ricordando che nella Cassa Soci ci sono al momento 87 milioni, che non sono esattamente 87 centesimi. Qualunque cosa, eccetto che sospendere erogazioni che non sono soltanto in molti casi indispensabili, ma giuste e dovute. E non possono essere, chissà quando e chissà come, sostituite da un offensivo, indecente e inutile assegno di povertà.





(articolo tratto dal sito www.glialtrionline.it)
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