Clelia MoscarielloSiamo ormai prossimi alla 62esima edizione del ‘Festival della canzone italiana’ di  Sanremo, che partirà il 14 febbraio per chiudere i battenti il 18. A presentare la kermesse canora più formale e ufficiale del Paese sarà, per la seconda volta, il cantante e conduttore Gianni Morandi, affiancato dal poliedrico (regista, musicista, attore, cantante) Rocco Papaleo. Le vallette? Mentre lo scorso anno Belen Rodriguez ed Elisabetta Canalis si dividevano la scena del palco più ambito, le scelte questa volta sono cadute sulla modella Ivana Mrazova e l’ereditiera Tamara Ecclestone, figlia del magnate della Formula 1, Bernie. Entrambe bellissime, ma straniere, le ragazze hanno suscitato le solite polemiche sulla valletta che “non parla italiano” e che fa solo da “ornamento” al Festival. Gianni Morandi e il direttore artistico Gianmarco Mazzi hanno dichiarato che la manifestazione di quest’anno punta all’internazionalizzazione della musica italiana. In effetti, la puntata del giovedì sarà dedicata alla nostra musica nel mondo, ma il ‘superospite’ sarà Adriano Celentano, il quale pare abbia chiesto, a titolo di compenso “simbolico”, un euro in più di quello percepito da Rosario Fiorello dalla Rai. Anche su quest’ultimo punto sono scaturite nuove polemiche, sia sul compenso in sé, sia sul fatto che l’ultimo disco di Celentano, “Facciamo finta che sia vero”,  é appena uscito, dunque in piena promozione. Dobbiamo osservare, tuttavia, che l’ex ragazzo della via Gluck, checché ne dica il giornalista e critico Aldo Grasso, fa discutere e muove ancora le nostre coscienze. Sicuramente, questa è una nota positiva, dato il particolare contesto politico-sociale che stiamo vivendo. Celentano, infatti, è uno che va a ruota libera, è piacevolmente incontrollabile, non segue gli schemi e ha sempre avuto il coraggio di saper andare controcorrente. E ciò piace. Soprattutto, riscuote grande successo di audience, cosa di cui l’azienda Rai ha decisamente bisogno. I nomi degli altri big? Abbiamo scoperto che sarà il “Festival delle donne”: prevale, infatti, la presenza femminile. Ecco i nomi: Noemi, Dolcenera, Nina Zilli, Irene Fornaciari, Emma Marro, Arisa, Chiara Civello e Gigi d’Alessio in compagnia di Loredana Bertè, mentre sul fronte dei ‘maschietti’ i partecipanti considerati sicuri sono, al momento, Francesco Renga, Eugenio Finardi, Marlene Kuntz, Samuele Bersani, Davide Carone e Lucio Dalla. Non è stata né smentita, né confermata, la presenza di Stevie Wonder. Nel frattempo, mentre il gossip impazza e le news sugli ospiti e sui cantanti in gara si accavallano numerose nel tentativo di attrarre la nostra attenzione, molti ‘storcono il naso’. Il Festival è ormai considerato, da uno ‘zoccolo duro’ di italiani, una manifestazione ormai obsoleta. Anche per il semplice fatto che lo spaccato di tradizione musicale che esso propone non rappresenterebbe più l’evolversi della canzone italiana. Inoltre, quest’anno si aggiunge un’insofferenza legittima che si respira verso ogni genere di spreco e di sperpero, in considerazione della delicata situazione che sta attraversando il Paese, il quale, tra enormi difficoltà, sta cercando di superare una profonda crisi economica sacrificandosi e facendosi forza di un male comune che, ahinoi, non regala nemmeno un po’ di gaudio. Dobbiamo pertanto osservare come i compensi del presentatore e delle vallette, come quelli degli ospiti che parteciperanno, non solo non interessino più di tanto l’opinione pubblica, ma siano addirittura nettamente in contrasto con lo stato d’animo complessivo della collettività, se non addirittura offensivi. Se questo ‘Festival della canzone italiana’ vuole davvero rappresentarci, dovrebbe farlo sui contenuti e non nell’immagine, senza sfarzi e ‘pailettes’, sapendosi adeguare per rispetto nei confronti dei cittadini. E per farlo, in particolare, sarebbe il caso che rinunciasse a una certa spettacolarizzazione per tornare alle proprie origini: ovvero, alla qualità della musica. La fase recessiva è evidente. Da mesi, essa non viene più negata nemmeno dai mass media meno obiettivi. A questo punto, si imporrebbe una sobrietà che dimostri di voler comprendere e rispettare il telespettatore contribuente (anche del canone), poiché si rischia di risultare fuori luogo come quando si mostra una vetrina ricca di oggetti costosi a un clochard, in uno stucchevole siparietto di lustrini, di fiori in abbondanza che finiscono tra i rifiuti il giorno dopo, di capi firmati e compensi stratosferici che allontanano ancor di più l’utente da ‘mamma Rai’, per non azzardare un’ipotesi di disgusto popolare. Se un Festival della musica italiana deve comunque esserci, esso deve per lo meno saperci rappresentare, essere uno specchio fedele dei tempi che si stanno attraversando, magari riportando in auge i contenuti, specie in questo particolare momento storico, anziché continuare a proporre una manifestazione tutta imperniata sullo spreco mediatico. Siamo sempre pronti ad ascoltare della buona musica, ma siamo ormai stanchi di certi ‘contorni’ alle volte assai superflui.


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