Giorgio PrinziLa maggioranza della stampa nazionale ha assunto un monocorde, acritico ed incondizionato atteggiamento di esaltazione talebana alle cosiddette rinnovabili, economicamente onerose e di forte impatto ambientale, con non investigate conseguenze (ulteriori oneri) quando si dovrà procedere al loro smantellamento. Come farsi capire da questi giornalistucoli privi di competenza e deontologia, che non si attengono al dovere della completezza dell’informazione e selezionano in base alla talebana ideologia ecoambientalista? Ci prova Renzo Riva, Referente Cirn per il Friuli Venezia Giulia, con un approccio che lui stesso definisce da “conti della serva”, affatto scientifico perché prende in considerazione il solo parametro “oneri spuri” al chilowattora, senza analizzare tutti i parametri, differenti da fonte a fonte, che contribuiscono al costo finale del medesimo. Nello sforzo di essere più semplificativo possibile, l’esponente del Cirn ha fatto riferimento al sovrapprezzo pagato in bolletta per regalie ai “Signori” delle rinnovabili, contrassegnato con il codice “A3”, che risulta essere 14,56 euro al megawattora (€/MWh) per la media tensione e 17,73 €/MWh per la bassa tensione. Come ulteriore semplificazione, Riva calcola la media aritmetica tra i costi delle due componenti (sperando che questo concetto risulti comprensibile a giornalistucoli e politicanti) in luogo della corretta “media ponderale”. Moltiplica quindi tale “indicativo” costo medio di 16,15 €/MWh per i consumi ufficiali dell’anno 2008 (trecentoquarantamila miliardi di chilowattora) ottenendo con una “complicata operazione”, qual’è una moltiplicazione, la cifra del costo annuo della follia rinnovabili che risulta essere di 5,59 miliardi di euro l’anno. In venti anni gli oneri ammontano a 118 miliardi di euro. A tal punto il Comitato Italiano per il Rilancio del Nucleare esorta giornalistucoli e politicanti a mettere una bella borsa di ghiaccio sulla testa, senza dubbio in ebollizione di fronte alla complessità di tali calcoli. I talebani ecoambientalisti dovrebbero mettere la testa tra i ghiacci polari, ma sconsigliamo loro di farlo perché a tal punto questi correrebbero realmente il rischio di fondere. Le teste hanno smesso di scoppiare? Andiamo avanti con i complessissimi “calcoli della serva” di Renzo Riva, che, senza scorporare i vari contributi delle varie fonti assume per il chilowattora il costo unitario medio di produzione di sei centesimi di euro, che con tasse ed altri balzelli diviene in bolletta per l’utente medio di 24 centesimi di euro al chilowattora. Sempre in riferimento al 2008, il costo complessivo dell’energia elettrica prodotta è stato di 20,4 miliardi di euro, quindi le regalie a sostegno delle rinnovabili risultano essere state come media nazionale dell’ordine del sette per cento del costo totale di produzione. Oggi siamo nel 2010 e la loro incidenza si è accresciuta. Lo ripetiamo. Si tratta di conti finalizzati solo a rendere un’idea di massima degli oneri connessi con le rinnovabili, nel tentativo di essere comprensibili a chi ragiona solo in termini ideologici ed irrazionali. Comunque il comico si è raggiunto con l’occupazione da parte dei “nazionalisti sardi” di Indipendentzia Repubrica de Sardigna di un eolomostro nel parco eolico di Florinas, rivendicando in chiave sardista lo sfruttamento del vento dell’isola senza rendersi conto che, se, come da loro stessi denunziato, il costo del chilowattora sardo è di circa 89 euro al megawattora, quasi il doppio della media nazionale e superiore anche a quello dell’altrettanto supereolificata, ma meglio interconnessa alla rete nazionale, Sicilia, dove pertanto il costo si ferma al di sotto degli 80 euro al megawattora, questo è dovuto proprio al massiccio ricorso all’eoloelettrogenerazione. I casi di Alcoa e di omologhe attività isolane ad alta intensità energetica sono dovuti proprio all’impennata dei costi dell’energia, che poi si pretende di scaricare, esportando il virus, su scala nazionale. Analogo il caso Fiat di Termini Imerese sempre in Sicilia. Vogliono le pale, ma poi rompono le assonanti. Come risolvere il problema dal momento che le Regioni rivendicano, per opporsi al nucleare, una sorta di federalismo energetico? Basta associare a questo concetto quello della assunzione degli oneri delle loro scelte attraverso un equo “federalismo tariffario” che leghi il costo del chilowattora in bolletta sul territorio di loro giurisdizione a quello effettivo di produzione in ambito regionale. Ci sarà mai un Politico (uno con la maiuscola) disposto a farsi carico di questa semplice e banale proposta, non sappiamo se “solidale”, ma senza dubbio giusta, equa e salutare per le eventuali Regioni virtuose disposte a compiere la scelta nucleare? L’unica previsione che siamo in grado di fare è che anche questa nostra ennesima presa di posizione verrà passata sotto generale (con marginali eccezioni) silenzio. Forse, più che parlare di riforma degli Ordini professionali in relazione a quello dei Giornalisti, si dovrebbe parlare di riforma della professione e delle regole di accesso a essa, in modo da prevedere per i futuri operatori una adeguata preparazione in un contesto che è sempre più caratterizzato dall’informazione scientifica, tecnica e tecnologica. Come alcune inchieste in corso da parte della Magistratura fanno pensare, sull’infatuazione per le rinnovabili giocano anche un importante ruolo fattori spuri, quali il fiume di denaro riversato a loro sostegno, che stimola appetiti a vario livello, in particolare a livello locale, non sempre leciti e legali. La malafede, purtroppo, può arrecare più danni della pura e semplice ignoranza. Ma la peggiore e più dannosa delle ipotesi si verifica quando si ha il connubio tra ignoranza e malafede, tra ideologia e interessi privati a danno della collettività, con risvolti, come le inchieste giudiziarie in corso danno adito a temere, che potrebbero avere assunto persino delle caratterizzazioni di tipo mafioso.




Segretario nazionale del Cirn (Comitato italiano per il rilancio del nucleare)
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